Corriere del Mezzogiorno (Campania)
CECILIA LACA «IO, MADRE E NAPOLETANA»
La musicista albanese si esibisce stasera al San Carlo, dove è primo violino «Qui l’orchestra ha una qualità umana unica e suono con colleghi meravigliosi Stimo molto i maestri Jeffrey Tate e Zubin Mehta, con i quali sono in sintonia»
«Sono da qualche giorno tornata a Napoli, e suoni, rumori, colori e profumi dei vicoli mi ricordano quanta napoletanità sia entrata nel mio cuore». A parlare è Cecilia Laca, primo violino del Teatro San Carlo, impegnata da solista alle 20.30 al Massimo napoletano. «E il programma di stasera - dice - mi entusiasma per la grande vivacità della musica di ispirazione gitana e mediterranea».
Per la violinista si tratta di un ritorno definitivo dopo una parentesi felice di cui volentieri l’artista racconta: «Sono stata lontana dal mio teatro per raccogliere la più grande felicità della mia vita con l’arrivo di mia figlia Arianna, che è nata a Torino, la città di suo padre, ma di concerto con mio marito, desidero che lei si senta napoletana» .
Cecilia Laca è approdata al San Carlo nel 2007, avendo alle spalle una brillante carriera solistica ed essendo vincitrice insieme con quello del San Carlo, di altri concorsi in Italia e in Europa: «Sì, è stata una scelta di eccellenza, essendo già in ruolo al Carlo Felice di Genova. Ho in parte sacrificato, senza rimpianti, la carriera solistica, ma ben presto ho ottenuto che il San Carlo si dotasse di un proprio Quartetto cameristico in cui suono con colleghi meravigliosi: Buonomo, Bossone e Signorini».
La solista, il cui nome di battesimo è quasi una predestinazione alla musica, racconta delma la sua vita, mettendo in evidenza alcuni aspetti privati: «Io sono di fede cattolica, ma ho sposato un uomo di religione ebraica; in Albania, dove sono nata, credenti di fedi monoteiste diverse convivono in serenità. Cattolici, ortodossi e musulmani si trovano a occupare appartamenti sullo stesso pianerottolo e al più sono le questioni di condominio a creare dissapori. Devo ammettere di essere un’immigrata di lusso, molto privilegiata, ma questa condizione non mi fa perdere di vista il valore dell’accoglienza, che in musica trova la massi- e più alta espressione»
Ancora giovane oggi, Cecilia è giunta poco più che adolescente in una delle più prestigiose orchestre del mondo entrando dalla porta principale e sedendo al leggio del primo violino, ruolo che occupa in alternanza con Gabriele Pieranunzi.
«L’orchestra del San Carlo ha una qualità umana unica. Spesso i colleghi si trattengono ben oltre l’orario previsto per provare con me un passaggio o per meglio realizzare le indicazioni del direttore e fin dai miei primi giorni, quando c’era il maestro Jeffrey Tate, mi sono sentita a mio agio. C’è una grande intesa con l’orchestra e a tal proposito, non so se posso rivelarlo, ma, avendo come molti miei conterranei grande orecchio per le lingue, pian piano ho appreso l’antico idioma segreto dei musicisti napoletani, che oggi capisco: la “parlesia”. Nel mio modo di suonare in quartetto e orchestra - continua - mi sono caratterizzata come “viennese” per la ricerca della linea di frase netta e del vibrato stretto, in questo trovo grande sintonia con il maestro Zubin Mehta che stimo immensamente e con il quale avrò il mio prossimo impegno il 3 giugno al Duomo di Milano con l’Orchestra del San Carlo nella Nona Sinfonia di Beethoven, ma la donna dal temperamento gitano è sempre stata in me: mi piace liberarla nei colpi d’arco».