Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Difendo il diritto, non un privilegio La legge mette a rischio le pensioni
Caro direttore, inizio ricordando che per quasi otto anni (2001-2008) sono stato Parlamentare della Repubblica. Dunque sono un ex parlamentare che, fino a ieri, ha goduto del cosiddetto «vitalizio», che, è bene dirlo subito, non è una pensione. Dico questo per evitare la facile critica che parli per «interesse». Sì, parlo per interesse, ma non per difendere un «privilegio» personale.
Intervengo per dire che la legge Richetti è un provvedimento sbagliato, ingiusto, grave e pericoloso. Lo è perché viola non solo un principio costituzionale, ma anche e principalmente un criterio fondamentale di ogni ordinamento giuridico. Infatti viola il principio della non retroattività delle leggi. Tutte le leggi non sono retroattive, salvo quelle in materia penale perché questo tipo di reati (che possono perfino ledere l’integrità fisica delle persone) è logico e giusto che siano perseguiti sempre, senza limiti di tempo. In tutti gli altri campi la non retroattività della legge garantisce la «certezza del diritto», di cui una manifestazione sono i cosiddetti «diritti quesiti», che la legge Richetti viola spudoratamente. Ogni legge vale per l’avvenire perché i destinatari di essa devono conoscere preventivamente in quale condizione giuridica si verranno a trovare. Questi sono principi tanto evidenti e chiari (li conosce anche un modesto e distratto studente di giurisprudenza) da rendere falsa, risibile, per non dire peggio, l’enfasi retorica che l’onorevole Richetti ha usato nel presentare il suo disegno di legge. Altro che difesa della giustizia: è un’offesa al diritto e alla dignità del Parlamento. Infatti i «vitalizi» (i cui precedenti risalgono addirittura alle prime Costituzioni scritte, in Italia quelle del triennio rivoluzionario 1796-1799) servono a garantire la libertà e l’autonomia del parlamentare, che deve essere sicuro della propria tranquillità anche scaduto il mandato parlamentare. E vengo al mio interesse. A parte l’osservazione che il ricalcolo dei vitalizi colpisce anche quelli di reversibilità, ossia goduti da vedove di parlamentari in molti casi loro unico reddito, non ho esitazione a dire del mio interesse, così che chi vuole possa giudicare se è legittimo o meno. Quando sono andato in pensione come professore universitario, ho investito i miei risparmi per comperare una casa e per farlo dovetti contrarre un mutuo. Lo feci pensando di poterlo pagare con il vitalizio, perché altrimenti non avrei potuto. Oggi il mio vitalizio scomparirà o sarà ridotto drasticamente. È bene sapere che quando si entra in un servizio pubblico, e tale è anche il mandato parlamentare, si sottoscrive un contratto con lo Stato, così che il contraente sappia che cosa gli riserva l’avvenire (i cosiddetti «diritti quesiti»). Questa legge viola questo principio e mette a rischio non solo i circa milletrecento ex parlamentari, ma milioni di cittadini (come ha giustamente osservato il senatore Gasparri), i quali domani potranno vedere ridiscussi i propri stipendi e le proprie pensioni. Non dico nulla circa la manifesta iniquità di un Paese che lede i diritti quesiti mentre contemporaneamente consente a manager pubblici o a presentatori televisivi compensi miliardari. L’onorevole Richetti e il Pd, manifestamente allo sbando così da inseguire il populismo qualunquistico delle Cinque Stelle, dovrebbero non solo vergognarsi ma preoccuparsi dell’operazione compiuta e sapere che essa non solo non toglierà un voto alle Cinque Stelle, ma gliene già ha assicurati tantissimi nuovi.