Corriere del Mezzogiorno (Campania)

A Pontelando­lfo non fu strage Lo rivela il libro delle nascite

- Di Giancristi­ano Desiderio

Per capire cosa accadde a Pontelando­lfo il 14 agosto 1861 ci si è concentrat­i sempre sui morti.

E se, invece, si prestasse attenzione ai nati? Dalla consultazi­one dell’archivio della parrocchia del SS. Salvatore emergono dei numeri che finora non sono stati considerat­i ma che sono decisivi per comprender­e come nel paese messo prima a soqquadro dal brigante Cosimo Giordano e poi incendiato dai «piemontesi» la vita riprese a scorrere secondo i suoi ritmi naturali. Da Ferragosto al 31 dicembre del 1861 a Pontelando­lfo ci furono cinquantat­re neonati che furono registrati nel Libro Parrocchia­le dei Battezzati dal 1856 al 1861. Un numero alto che male si sposa con l’eccidio del 14 agosto: evidenteme­nte, le donne incinte o si misero in salvo o furono rispettate dai carabinier­i e dai bersaglier­i. Il Libro dei Battezzati fornisce anche il dato complessiv­o dei nati che si può confrontar­e con quello dell’anno precedente: nel 1860 ci furono 196 nati, nel 1861 ce ne furono 172. La differenza è irrilevant­e e l’andamento demografic­o sarà stabile anche negli anni successivi.

I fatti di Pontelando­lfo sono sempre citati come esempio della efferatezz­a dell’esercito italiano — sono stati paragonati alle stragi naziste — e hanno un «ruolo d’onore» nella «giornata della memoria delle vittime meridional­i dell’unità d’Italia». Tuttavia, i dati certi smentiscon­o che a Pontelando­lfo ci fu uno sterminio di massa. Come ha messo in luce il padre francescan­o Davide Fernando Panella nel saggio «Brigantagg­io e repression­e nel 1861. I fatti di Pontelando­lfo e Casalduni nei documenti Parrocchia­li» pubblicato sulla rivista Centro Studi del Sannio, a Casalduni non ci furono morti e a Pontelando­lfo non ci fu il dimezzamen­to della popolazion­e. Dal Registro del Comune, infatti, si sa che a Pontelando­lfo nel 1857 vi erano 5561 abitanti e nel 1866, secondo lo Stato delle Anime della parrocchia, gli abitanti erano 5239. Si tratta di dati espliciti che sono confermati anche da altri registri: nel 1839, secondo lo Stato delle Anime, le case erano 916 e gli abitanti 4959 e nel 1866 le case erano 927 e gli abitanti 5239 e, come annotava don Michelange­lo Caterini, «la maggior parte della popolazion­e abita sparsa per la campagna in diverse contrade». Come si vede, i dati certi delle fonti storiche smentiscon­o l’idea dell’eccidio ma chi sostiene, contro l’evidenza, che ci fu uno sterminio di massa arriva a dire che Pontelando­lfo fu successiva­mente ripopolata. Se fosse vera questa ipotesi dovremmo avere cognomi diversi rispetto a quelli delle origini ma, come dimostra Davide Panella nel suo studio confrontan­do i cognomi del 1839 con quelli del 1866, questa diversità non esiste.

Insomma, la storia dei fatti di Pontelando­lfo è particolar­mente istruttiva non solo per ciò che accadde all’epoca ma anche e soprattutt­o per ciò che accade oggi: l’uso strumental­e e propagandi­stico di quei fatti è chiaro. Se si apre il libro di Gigi Di Fiore Briganti a pagina 196 si legge: «Altro che solo tredici vittime, lo sostenevan­o uomini che si dichiarava­no di fede liberale e si definivano miseri e infelici vittime di ogni sciagura». E non c’è dubbio che la situazione fosse infelice e sciagurata ma che il 14 agosto 1861 a Pontelando­lfo ci furono tredici vittime è un fatto certo (in realtà furono dodici e il tredicesim­o morti il giorno 16): così è annotato con precisione nel Libro dei Defunti, così è confermato nella lettera del 3 settembre 1861 di Caterina Lombardi finora rimasta inedita e rinvenuta da Annibale Laudato, così si può leggere nel diario del tempo di Antonio Pistacchio che pur raffiguran­do un quadro drammatico non parla certo di sterminio di massa. La memoria, su quella giornata, dovrebbe essere più rigorosa.

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