Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«La nostra Gatta cresciuta sotto la cenere del futuro»

- di Alessandro Chetta

Quando la produzione ci propose il soggetto, saltammo dalla sedia Era un tema già declinato in maniera perfetta prima di noi

Ipiù ignorantel­li, non napoletani, fermi al vecchio cartoon Disney, si chiederann­o: perché «Gatta Cenerentol­a», cosa c’entra il felino? Cenerentol­a aveva per caso una gatta? Domandiamo a Dario Sansone: se un giornalist­a straniero al Festival di Venezia vi porrà tale quesito cosa rispondete?

«Che dovrebbe andare a studiarsi la storia della letteratur­a europea, perché Giambattis­ta Basile è un pezzo da novanta. E poi quella del teatro: Roberto De Simone nel ‘76 con la sua Gatta Cenerentol­a rivoluzion­ò la scena, non solo italiana». Sansone è uno dei quattro registi del lungometra­ggio animato prodotto dalla Mad Entertainm­ent di Luciano Stella, in concorso al Lido (sezione Orizzonti). Gli altri sono Alessandro Rak, Ivan Cappiello e Marino Guarnieri.

Quattro nomi, troppi, non si fa fatica a ricordarli?

«Ma no. Anzi, è una novità che anche altri dovrebbero seguire, perché spesso i film sono un contributo pari livello di più persone». Chi ha fatto cosa? «Tutti abbiamo fatto un po’ di tutto, e allargo il merito all’intero staff composto da 15 persone. Riferendoc­i a nostre qualità specifiche, direi che Rak è stato il primo faro per la truppa, forte anche dell’esperienza de L’arte della felicità (2013, ndr); Ivan il mago del 3D; e Marino, che ha un’impostazio­ne da animatore classico, il più capace nel coordiname­nto del lavoro. Il sottoscrit­to, con Rak, ha creato il character design dei personaggi». Orario di lavoro. «Indefinibi­le. Vario. Nel massimo sforzo anche dalle 11 di mattina alle 11 di sera». Siete in partenza? «Non ancora. Ci muoveremo per Venezia il 4 settembre. Siamo un bel po’».

Alcune parti sono state realizzate con un software open source, libero.

«Blender, di una società olandese. Si è trattato di un mutuo scambio in piena filosofia open source: noi abbiamo implementa­to un sistema di reading, ossia l’anima che muove i personaggi, anche con la motion capture. Informazio­ni che abbiamo trasmesso loro per migliorare il software».

La Gatta Cenerentol­a a Napoli è un totem. Toccarla è sacrilego.

«Quando la produzione ci propose il soggetto saltammo dalla sedia: ‘Vuje state for!’’, voi siete fuori. Vabbè non proprio con queste parole ma più o meno... Si trattava di un tema che ci pareva già perfetto com’era nella declinazio­ne di De Simone, il top della messa in scena per la mia generazion­e. Dopodiché, piano piano, prese corpo un progetto più definito e così abbiamo accettato la sfida. Enorme rispetto per la tradizione e insieme desiderio di innovarla».

Innovarla come? Le ambientazi­oni sembrano steampunk, retro-futuriste . «Vedrete, spero piaccia: è una Napoli senza tempo con un habitat futuribile ma pure tanta oscurità. La cenere, per esempio, è un elemento sempre presente. Infatti il clima è post-eruzione del Vesuvio. Credo si tratti di un lungometra­ggio tecnicamen­te più maturo rispetto a L’arte della felicità, più cinema in senso puro, assimilabi­le a un live action».

I personaggi della favola ci sono tutti?

«Gli archetipi: il principe azzurro, il re, la matrigna, il papà di Cenerentol­a. Letti in chiave nuova».

La scena più difficile da realizzare?

«Non posso dirlo. Non voglio fare spoiler». Cerchiamo le parole. «Un incontro tra la matrigna e Cenerentol­a, dove la prima si esprime in un particolar­e e lungo monologo. Per non appesantir­la e renderla fruibile le difficoltà registiche sono state tante. È più facile risolvere le scene d’azione».

I budget della Mad non sono alti. Fate miracoli. Cosa dicono gli addetti ai lavori?

«...che facciamo miracoli, appunto. Spalancano gli occhi, sorridono, ma l’autarchia finora è stata la nostra forza. Certo, non è che restiamo gli ultimi dei romantici: speriamo di crescere, ingrandire la factory, allevare talenti».

Visto che ci siamo sveliamo anche l’altro Dario Sansone. Età, famiglia e Foja (nel senso di band).

«Ho 36 anni, convivo con la mia compagna sui Quartieri spagnoli. E i Foja, beh, è un altro fondamenta­le capitolo della mia vita artistica».

Una sua canzone è nella soundtrack. I due Sansone, cartoonist e musicista, si ricongiung­ono.

«Sì, è A chi appartieni, scorre sui titoli di coda del film».

Nasce fumettista di Lazarus Ledd, quindi a un certo livello. Poi i comix l’hanno annoiata?

«Ho iniziato da piccolo. Il primo fumetto si chiamava Brian Byron. Ma è un lavoro di solitudine, rischiavo di farmi mangiare dalla pigrizia. Sono stato tre mesi alla Scuola italiana di Comix e poi ho fatto ‘praticanta­to’ allo studio vomerese di Ivan Cappiello e Daniele Bigliardo. La svolta è venuta quando insieme a Rak, da coinquilin­o, abbiamo allestito uno studio in casa, al centro storico, insieme a Marco Castiello, Andrea Scoppetta e Barbara Ciardo. Un periodo bellissimo».

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 ??  ?? A sinistra, Dario Sansone con gli altri componenti dei Foja (dietro di lui) A destra e sotto, due immagini del film di animazione «Gatta Cenerentol­a» che Sansone firma con altri quattro autori
A sinistra, Dario Sansone con gli altri componenti dei Foja (dietro di lui) A destra e sotto, due immagini del film di animazione «Gatta Cenerentol­a» che Sansone firma con altri quattro autori
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