Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«La nostra Gatta cresciuta sotto la cenere del futuro»
Quando la produzione ci propose il soggetto, saltammo dalla sedia Era un tema già declinato in maniera perfetta prima di noi
Ipiù ignorantelli, non napoletani, fermi al vecchio cartoon Disney, si chiederanno: perché «Gatta Cenerentola», cosa c’entra il felino? Cenerentola aveva per caso una gatta? Domandiamo a Dario Sansone: se un giornalista straniero al Festival di Venezia vi porrà tale quesito cosa rispondete?
«Che dovrebbe andare a studiarsi la storia della letteratura europea, perché Giambattista Basile è un pezzo da novanta. E poi quella del teatro: Roberto De Simone nel ‘76 con la sua Gatta Cenerentola rivoluzionò la scena, non solo italiana». Sansone è uno dei quattro registi del lungometraggio animato prodotto dalla Mad Entertainment di Luciano Stella, in concorso al Lido (sezione Orizzonti). Gli altri sono Alessandro Rak, Ivan Cappiello e Marino Guarnieri.
Quattro nomi, troppi, non si fa fatica a ricordarli?
«Ma no. Anzi, è una novità che anche altri dovrebbero seguire, perché spesso i film sono un contributo pari livello di più persone». Chi ha fatto cosa? «Tutti abbiamo fatto un po’ di tutto, e allargo il merito all’intero staff composto da 15 persone. Riferendoci a nostre qualità specifiche, direi che Rak è stato il primo faro per la truppa, forte anche dell’esperienza de L’arte della felicità (2013, ndr); Ivan il mago del 3D; e Marino, che ha un’impostazione da animatore classico, il più capace nel coordinamento del lavoro. Il sottoscritto, con Rak, ha creato il character design dei personaggi». Orario di lavoro. «Indefinibile. Vario. Nel massimo sforzo anche dalle 11 di mattina alle 11 di sera». Siete in partenza? «Non ancora. Ci muoveremo per Venezia il 4 settembre. Siamo un bel po’».
Alcune parti sono state realizzate con un software open source, libero.
«Blender, di una società olandese. Si è trattato di un mutuo scambio in piena filosofia open source: noi abbiamo implementato un sistema di reading, ossia l’anima che muove i personaggi, anche con la motion capture. Informazioni che abbiamo trasmesso loro per migliorare il software».
La Gatta Cenerentola a Napoli è un totem. Toccarla è sacrilego.
«Quando la produzione ci propose il soggetto saltammo dalla sedia: ‘Vuje state for!’’, voi siete fuori. Vabbè non proprio con queste parole ma più o meno... Si trattava di un tema che ci pareva già perfetto com’era nella declinazione di De Simone, il top della messa in scena per la mia generazione. Dopodiché, piano piano, prese corpo un progetto più definito e così abbiamo accettato la sfida. Enorme rispetto per la tradizione e insieme desiderio di innovarla».
Innovarla come? Le ambientazioni sembrano steampunk, retro-futuriste . «Vedrete, spero piaccia: è una Napoli senza tempo con un habitat futuribile ma pure tanta oscurità. La cenere, per esempio, è un elemento sempre presente. Infatti il clima è post-eruzione del Vesuvio. Credo si tratti di un lungometraggio tecnicamente più maturo rispetto a L’arte della felicità, più cinema in senso puro, assimilabile a un live action».
I personaggi della favola ci sono tutti?
«Gli archetipi: il principe azzurro, il re, la matrigna, il papà di Cenerentola. Letti in chiave nuova».
La scena più difficile da realizzare?
«Non posso dirlo. Non voglio fare spoiler». Cerchiamo le parole. «Un incontro tra la matrigna e Cenerentola, dove la prima si esprime in un particolare e lungo monologo. Per non appesantirla e renderla fruibile le difficoltà registiche sono state tante. È più facile risolvere le scene d’azione».
I budget della Mad non sono alti. Fate miracoli. Cosa dicono gli addetti ai lavori?
«...che facciamo miracoli, appunto. Spalancano gli occhi, sorridono, ma l’autarchia finora è stata la nostra forza. Certo, non è che restiamo gli ultimi dei romantici: speriamo di crescere, ingrandire la factory, allevare talenti».
Visto che ci siamo sveliamo anche l’altro Dario Sansone. Età, famiglia e Foja (nel senso di band).
«Ho 36 anni, convivo con la mia compagna sui Quartieri spagnoli. E i Foja, beh, è un altro fondamentale capitolo della mia vita artistica».
Una sua canzone è nella soundtrack. I due Sansone, cartoonist e musicista, si ricongiungono.
«Sì, è A chi appartieni, scorre sui titoli di coda del film».
Nasce fumettista di Lazarus Ledd, quindi a un certo livello. Poi i comix l’hanno annoiata?
«Ho iniziato da piccolo. Il primo fumetto si chiamava Brian Byron. Ma è un lavoro di solitudine, rischiavo di farmi mangiare dalla pigrizia. Sono stato tre mesi alla Scuola italiana di Comix e poi ho fatto ‘praticantato’ allo studio vomerese di Ivan Cappiello e Daniele Bigliardo. La svolta è venuta quando insieme a Rak, da coinquilino, abbiamo allestito uno studio in casa, al centro storico, insieme a Marco Castiello, Andrea Scoppetta e Barbara Ciardo. Un periodo bellissimo».