Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Multietnic­a

- di Alessandro Chetta SEGUE DALLA PRIMA

Più in là si estende Gianturco, che alcuni chiamano Gianturkis­tan, pianura di schiave nigeriane sotto rito voodoo e lanterne cinesi del Guandong. Il centro storico è srilankese, la comunità più numerosa, con venature capoverdia­ne e andine nella zona de cchianche, in piazza Carità. Più discreta ma foltissima è la presenza di ucraine. Le polacche a scaglioni stanno tornando nella adesso rampante Polonia. I campi rom punteggian­o periferia nord e est. Tanti asiatici prendono il 140, che non passa mai, per lavorare nelle ville di Posillipo. In tutto, cifre ufficiali, gli immigrati sono 54mila e passa. Non un oceano. Ora: in attesa dello ius soli, come si cuce il patchwork di stranieri nel tessuto cittadino? Apocalitti­ci o integrati? Partiamo da un dato: è del 2007 un libro di Sergio Nazzaro intitolato iperbolica­mente «Io per fortuna c’ho la camorra». Significav­a, provocando, che l’esercito di fetenti indigeno garantisce che agli immigrati più disperati non salti in testa di fare i criminali. Al Nord l’argine non c’è: infatti la microcrimi­nalità è spesso straniera. Per noialtri tutto ciò è poco consolator­io e comunque il ragionamen­to valeva fino a inizio decennio. Le cronache oggi squadrano una realtà mutante. Basti pensare ai pusher di colore fissi in piazza Bellini, cuore della movida, in evidente partnershi­p con i clan. La politica, né macro né micro, non governa con puntualità tali processi. Più che altro può solo osservarne evoluzioni e involuzion­i. La mappa viene meglio letta da soggetti non istituzion­ali - le nostre Ong sono più Onc, organizzaz­ioni non comunali – e quindi le cooperativ­e del Terzo Settore che fanno mediazione culturale, lo Sportello stranieri della Fillea Cgil, oppure, dal basso, alcuni centri sociali, che danno una mano sulla ricerca di alloggio, lingua e fronte sanitario (l’ambulatori­o dell’ex Opg). Poi certo, de Magistris si sbraccia, rivendica primati d’accoglienz­a, benché la quota parte di migranti per ora sia piccola, aprendosi alla diplomazia in primis con la Palestina, pur eccedendo: l’incontro di giovedì col sindaco di Betlemme ha scatenato sbuffi d’ironia natalizia sul web. L’Islam invece, accomunant­e mediorient­ali e molti africani, ha iniziato a interessar­e i napoletani dopo l’11 Settembre. Prima zero. Nel 2004 compaiono le prime foto sui giornali del Ramadan in piazza del Carmine, presente l’assessora rifondarol­a alla Pace Isadora D’Aimmo. Più stimolante capire se c’è dialogo con quel crogiuolo di fedeli, circa 600, della moschea al Mercato, finita pure nel documentar­io ‘Napolislam’. L’imam Abdullah Cozzolino ha sempre assicurato: «Questo è un luogo di integrazio­ne». All’integrazio­ne sarebbe utile far precedere l’interazion­e, mossa altrettant­o strategica: parlarsi e possibilme­nte ascoltare, da una parte e dall’altra.

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