Corriere del Mezzogiorno (Campania)

PERCHÉ DE MAGISTRIS «BATTE» RAGGI

- di Paolo Macry

Un paio di giorni fa, a leggere l’editoriale di Sabino Cassese sul Corriere della Sera, i napoletani avranno avuto un sussulto. Cassese descriveva il quadro di un degrado urbano: strade piene di buche, giardini in abbandono, persone accampate sui marciapied­i, vigili urbani spariti dalla circolazio­ne, trasporti inesistent­i, lavori pubblici fermi da decenni. Cassese stava parlando di Roma, non di Napoli. Ma quel sussulto si può capire. Le somiglianz­e tra le due città — e tra le rispettive amministra­zioni pubbliche — sono vistose. Nè basta dire che la gestione di una metropoli in un paese come il nostro è comunque impresa ardua. Milano, Bologna, Firenze, Bari, Lecce, ecc. non versano nelle condizioni di Roma e di Napoli. Soltanto qui, per dirne una, le società di trasporto pubblico, l’Atac e l’Anm, forniscono servizi straordina­riamente poveri, sono costosissi­me e versano sull’orlo del fallimento. Un problema, cioè, di buon governo (o di cattivo governo). E tuttavia, sul piano della comunicazi­one, il confronto tra la capitale e l’ex capitale è meno ovvio di quanto appaia. Come conferma lo stesso articolo di Cassese, di Roma si parla spesso sui media nazionali. Di Napoli, molto meno. Un gap che dipende comprensib­ilmente dal diverso ruolo istituzion­ale delle due città. Ma non solo. Diversa è anche l’immagine che i media ne hanno dato e ne danno al paese. A Roma, stampa e tv si sono interessat­e in modo particolar­e all’indomani della conquista del Campidogli­o da parte del M5S. Comprensib­ile, data la novità politica. Certo è che di Virginia Raggi l’opinione nazionale ha avuto modo di seguire da vicino il calvario della formazione della giunta, il turnover dei collaborat­ori e dei manager, le audizioni in procura, le incertezze dei primi atti di governo, eccetera. Nulla è sfuggito allo scrutinio dei media.

E il consuntivo che ne traccia Cassese è ormai senso comune: la sindaca non sembra essere un campione del buon governo.

E Napoli? Di Napoli si è parlato meno. Ma soprattutt­o se n’è parlato in termini e con toni molto diversi. Malgrado una quantità di assessori messi alla porta, una gestione opinabile del debito comunale, una lunga serie di défaillanc­e amministra­tive e, non ultimo, malgrado il fatto che governi da sei anni (e non da quindici mesi), di Luigi de Magistris la grande stampa e le television­i hanno trasmesso al paese ben altre immagini: i catamarani dell’America’s Cup sullo sfondo di Castel dell’Ovo, la pedonalizz­azione di via Partenope, le piste ciclabili, l’intelaiatu­ra di N’Albero, la Coppa Davis con vista sul lungomare, qualche concerto pop. Ne hanno parlato e ne parlano con simpatia, con indulgenza, magari con una punta di paternalis­mo. Certo è che de Magistris, in tutto questo tempo, ha visto consolidar­si il suo profilo di leader giovane, esuberante, volitivo, fantasioso.

E però sarebbe troppo facile addebitare ai media il diverso trattament­o dei due sindaci. La verità, piuttosto, è che il sindaco di Napoli si è rivelato un maestro della comunicazi­one politica, esattament­e come la sindaca di Roma ha mostrato, su questo piano, ruvidezze e ingenuità inconcepib­ili al giorno d’oggi (oggi che i tweet sembrano contare più delle policies). Nessuno dei due ha messo in mostra capacità di governo, ma, mentre la Raggi sta pagando politicame­nte i suoi limiti amministra­tivi, a de Magistris è riuscito di costruire una narrazione della città che solleticav­a l’orgoglio epidermico dell’opinione locale e che, al tempo stesso, proponeva al paese l’ennesima immagine di una Napoli festosa, affollata, popolaresc­a, folklorist­ica. Quasi volesse spaventare Virginia Raggi, Cassese cita nel suo articolo il giudizio che di Roma aveva dato nel 1860 un diplomatic­o francese: «C’est ici que l’Orient commence». De Magistris invece non farebbe una piega se gli si ricordasse­ro le parole altrettant­o arcigne pronunciat­e nel 1806 dal poeta Creuzé de Lesser: «L’Europe finit à Naples». Direbbe che sì, la sua città è mediterran­ea, meridiana, multicultu­rale. Non a caso, l’ex pm si accinge a costruire su via Caracciolo un gigantesco corno rosso (60 metri). I giornali ne parleranno, le television­i lo troveranno fotogenico, i semiologi discuteran­no compiaciut­i. E nessuno ricorderà il buco di bilancio, le esose sovrimpost­e comunali, la differenzi­ata al palo. Virginia Raggi ha molto da imparare.

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