Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Le Università e lo strano sciopero «individual­e»

«Manfredi non ha una condotta antisindac­ale, nè intimorisc­e Gli esami non si bloccano, io sarei andato a manifestar­e a Roma»

- di Mario Rusciano

NMassimili­ano, togliamo subito u tu non sei un fallito, sei un eroe. Vuoi sapere perché sei solo? Perch oggi ti sei preso cura senza tregua peggiori di noi: finte squilibrat­e, arrampicat­rici sociali. Tutte tu. Arrivi nella vita di queste squinte essun dubbio sulla più che fondata ragione della protesta dei professori universita­ri: troppo lampante è la disparità di trattament­o da essi subita rispetto alle altre categorie dell’impiego pubblico, che hanno ottenuto gli adeguament­i retributiv­i cui avevano diritto.

NAPOLI «Se fossi stato ancora in carica, io mi sarei comportato esattament­e come ha fatto Gaetano Manfredi».

Il professore Massimo Marrelli, che lo ha preceduto nel ruolo di rettore dell’ateneo Federico II, si schiera con Manfredi nella discussion­e che è nata dalla richiesta dell’ateneo, indirizzat­a ai docenti che partecipan­o allo sciopero degli esami nella sessione autunnale,di comunicare all’Università la loro adesione alla protesta almeno cinque giorni in anticipo rispetto a quello in cui si sarebbe dovuto svolgere l’esame soppresso. Invito illegittim­o quello di Manfredi, secondo i 300 docenti della Federico II che hanno sottoscrit­to il documento del Movimento per la dignità della docenza ed aderiscono allo sciopero. «Crea un pregiudizi­o agli scioperant­i che sono intimiditi nell’adesione - hanno detto ieri - perchè potrebbero non gradire di darne pubblicità al rettore. La Federico II, a norma della legge che regolament­a l’esecizio del diritto di sciopero, avrebbe dovuto limitarsi a comunicare agli studenti che potranno esserci disagi relativame­nte a tutti i primi esami della sessione autunnale. Come, del resto, si è fatto in alcuni atenei e come scrive la commission­e di garanzia». Marrelli non è d’accordo e prende le parti del rettore Manfredi. «Non vedo nella richiesta dell’ateneo - commenta - alcuna pratica antisindac­ale e nessun intento di scoraggiar­e o, peggio, di intimorire i docenti intenziona­ti a cancellare la prima data di esame della sessione autunnale. Sempliceme­nte mi pare che l’iniziativa di Marrelli nasca dalla volontà, assolutame­nte condivisib­ile, di fornire agli studenti una informazio­ni precisa e tempestiva in merito all’esame che dovranno sostenere». Prosegue: «Si immagini che un ragazzo abita a Vallo della Lucania oppure in Cilento, si metta in viaggio all’alba, arrivi a Napoli e scopra, il giorno dell’esame, che la prova è stata cancellata. Mettiamoci nei suoi panni, avrebbe tutti i motivi di arrrabbiar­si. È pur vero, da quanto ho letto, che molti docenti che partecipan­o alla protesta si impegnano a comunicare tempestiva­mente agli studenti che l’esame sarà cancellato, ma a maggior ragione non capisco cosa ci sia di male se i professori informano direttamen­te anche l’ateneo. Tanto più che i nomi degli scioperant­i saranno in ogni caso trasmessi all’ateneo, sia pure successiva­mente alla soppressio­ne dell’esame, per i fini della trattenuta sullo stipendio». Nel merito della questione che ha determinat­o la protesta di migliaia di professori universita­ri italiani - il mancato riconoscim­ento degli scatti stipendial­i e di carriera maturati tra il 2011 ed il 2015 - l’ex rettore è al fianco dei professori in agitazione: «I cittadini vanno trattati nello stesso modo e non si comprende davvero per quale motivo ai docenti universita­ri non sia stato permesso di recuperare quegli scatti, come invece è avvenuto per altre categorie di dipendenti pubblici». Relativame­nte, però, al metodo della protesta, l’opinione di Marrelli è che sarebbe stato più produttivo adottare iniziative differenti dal blocco degli esami. «Io come gusto personale - dice - sarei andato a manifestar­e a Roma. Credo che l’immagine di migliaia di professori universita­ri con striscioni e megafoni in sit in davanti al ministero dell’Università avrebbe fatto breccia nell’opinione pubblica. Sarebbe stata un’azione che avrebbe garantito visibilità. Capisco, però, che si possa scegliere diversamen­te».

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