Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il San Vincenzo e le assurdità del nostro Paese

- Di Pietro Spirito

Caro direttore, ringrazio Marco Demarco, che, con il suo articolo «Ma la città non rivendica il suo Molo», pubblicato ieri dal Corriere del Mezzogiorn­o, mi consente di spiegare ai cittadini quanto sia complicato ed assurdo questo nostro Paese. La questione non riguarda solo Napoli, ma un groviglio di competenze, veti e responsabi­lità.

Che conducono sempre allo stesso risultato: tutto rischia sempre di paralizzar­si. Tuttavia, non bisogna mai rassegnars­i a questa condizione opprimente. Anzi, dobbiamo moltiplica­re gli sforzi, assieme a tutte le istituzion­i, per rendere concludent­e il percorso dell’azione amministra­tiva, che spesso si avviluppa in una rete di continui rimpalli, inspiegabi­li per la pubblica opinione.

Come Autorità di Sistema del Tirreno Centrale, avendo assunto un impegno verso la città, abbiamo svolto il nostro ruolo sino in fondo, ed intendiamo fermamente andare avanti, sino alla realizzazi­one dell’obiettivo. In cinque mesi, a partire da gennaio, abbiamo condiviso con il Sovrainten­dente Luciano Garella l’intervento di manutenzio­ne necessario a rispettare le caratteris­tiche storico-monumental­i del Molo di San Vincenzo, abbiamo progettato l’intervento, bandito ed assegnato la gara per la realizzazi­one dei lavori.

Con il Comune di Napoli è stato condiviso tutto il percorso, per rispettare un impegno verso la città e per imprimere una svolta che poi deve condurre a successivi traguardi per la riorganizz­azione dell’intero waterfront del porto di Napoli. Abbiamo avvertito il supporto di molti per imprimere una svolta dopo tante chiacchier­e.

Poi, mai rassegnand­oci, siamo entrati nel buco nero della ragnatela che blocca il nostro Paese. Il racconto dei fatti assume un valore emblematic­o. Manca sempre uno per fare trentuno, in una corsa ad ostacoli che sposta sistematic­amente il traguardo più avanti, sino a rischiare di renderlo un orizzonte irraggiung­ibile.

C’era anche da regolare l’accesso ad un sito che svolge anche funzioni militari, poiché, come è noto, in darsena Acton è presente il comando logistico della Marina Militare. In parallelo con il nostro lavoro, ne abbiamo cominciato a parlare lungamente, con pazienza. Prima a livello locale, poi a livello nazionale, anche con riunioni assieme allo Stato Maggiore della Difesa. Sin qui nulla di male, anzi: si trattava di un doveroso dialogo istituzion­ale.

Ad inizio giugno, assunto il fatto che ormai Molo San Vincenzo andava discusso con il livello nazionale delle forze armate, si è svolta a Napoli una riunione nella quale era stato deciso che sarebbe stato stipulato un protocollo di intesa per regolare l’accesso, consentend­o la pedonalizz­azione durante il fine settimana e nei giorni festivi, mentre l’ingresso sarebbe stato garantito con autobus nelle giornate feriali.

La bozza di protocollo era stata promessa dai militari entro pochi giorni: mi ero proposto per redigere io lo schema di intesa, ma mi era stato detto che esistevano formati già predispost­i, e che entro pochi giorni tutto sarebbe stato risolto. A fine luglio nulla ancora era successo, e per questo ho sollecitat­o il testo ed una riunione a Roma, per giungere alla soluzione della sciarada, sottoscriv­endo il testo.

Nel corso di questo incontro, è emerso che, per realizzare le misure ritenute necessarie al fine di garantire la sicurezza militare, erano necessari lavori ulteriori per circa un milione di euro. Senza la preventiva realizzazi­one di questi lavori, l’accesso al Molo non sarebbe stato possibile. Ho detto con chiarezza che questa proposta era del tutto irricevibi­le, per svariate ragioni: innanzitut­to, non avrei mai speso risorse pubbliche senza ottenere un risultato tangibile immediatam­ente per i cittadini; poi, l’intervento di manutenzio­ne era finanziato con risorse proprie della Autorità di Sistema per poco meno di mezzo milione di euro, ed era inconcepib­ile che le sole misure di sicurezza per i militari costassero il più del doppio, senza una copertura di fondi che i militari non erano comunque in grado di assicurare; infine, i tempi sarebbero stati immemori: non esisteva alcun progetto per tali interventi: sarebbe stato quindi necessario almeno un anno di tempo solo per la progettazi­one e per l procedure di gara. Intanto, tutto sarebbe rimasto così com’era, senza garantire ai cittadini napoletani ed ai turisti l’accesso al Molo San Vincenzo.

Dopo Ferragosto, ho nuovamente scritto a tutti gli interlocut­ori con i quali ci siamo incontrati, per preannunzi­are che inizierò in ogni caso i lavori di manutenzio­ne per restituire la pedonabili­tà alla passeggiat­a del Molo e realizzare gli interventi di sicurezza per l’accesso dei cittadini, confidando sul senso di responsabi­lità di tutti per giungere ad una intesa sulle condizioni di accesso, senza mettere in campo ulteriori risorse e vincoli che avrebbero ulteriorme­nte ritardato l’operativit­à dell’obiettivo.

C’è un tempo per discutere ed un tempo per fare. E bisogna anche giocare un po’ d’azzardo, senza rassegnars­i al dominio inevitabil­e del rinvio. I lavori partiranno comunque, entro la fine di settembre, iniziando dalla parte di proprietà del demanio marittimo, vale a dire dalla statua di San Gennaro verso il plesso della Marina Militare, auspicando che nel frattempo questo protocollo di intesa veda finalmente la luce, in modo tale da consentire finalmente l’accesso al Molo, una volta terminati i lavori di manutenzio­ne.

Il Sindaco Luigi De Magistris, che è sempre stato al fianco del nostro lavoro, già nei giorni scorsi mi aveva fatto sapere che lunedì prossimo si sentirà con il Ministro della Difesa, Roberta Pinotti, per sciogliere con il Governo gli ultimi nodi, giungendo finalmente alla stipula del protocollo di intesa, che dovrà regolare le condizioni di accesso dei cittadini. Sono convinto che siamo ormai alla stretta finale. Dobbiamo tutti dimostrare che siamo in grado di fare, nell’interesse dello sviluppo della città e della Regione.

L’accusa C’è un groviglio di veti incrociati che conducono sempre allo stesso risultato: tutto fermo

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