Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il caso Bifolco e l’intolleranza di una certa Napoli
Domani e martedì, al Rione Traiano, si terrà una due giorni di iniziative in memoria di Davide Bifolco, a tre anni dalla sua scomparsa. La manifestazione prevede attività con i ragazzini del quartiere, assieme ai quali l’Associazione Davide Bifolco svolge da due anni doposcuola e laboratori in una scuola abbandonata, occupata e non ancora riconosciuta formalmente dal Comune; poi dibattiti, una messa in memoria del ragazzo e un corteo nel pomeriggio di martedì.
In questa cornice mi è stato chiesto di presentare per la prima volta Lo sparo nella notte, libro a cui ho lavorato negli ultimi due anni e che ricostruisce la vicenda della morte di Davide, ammazzato da un carabiniere in servizio il 5 settembre 2014, al termine di un inseguimento. Il libro ripercorre gli eventi di quella notte attraverso i dati emersi in sede processuale, le deposizioni, gli interrogatori, gli atti giudiziari; poi si sofferma sul modo in cui la vicenda di un sedicenne incensurato, disarmato, ucciso da un agente mentre provava a rialzarsi dopo essere caduto dal motorino sia stata raccontata dai media locali e nazionali, condita da una serie di elementi inesatti (su tutti, la presenza di un posto di blocco dei carabinieri che non c’è mai stato) con il risultato di dipingere, agli occhi dell’opinione pubblica, la figura di Davide come quella di un piccolo criminale che una morte così «se l’è cercata». Il libro dà anche spazio a un’auto-narrazione degli abitanti del rione, che restituiscono un’immagine diversa da quella costruita dai media nei giorni successivi alla morte di Davide: la fotografia di un quartiere abitato da camorristi, in cui il mercato della droga tiene sotto scacco tanto i “buoni” quanto i “malamente”, in cui ogni cosa che accade è riconducibile (si è provato e ancora si prova a farlo, subdolamente, anche con la morte di Davide) al contesto criminale che pure esiste nel rione.
Lavorando da cronista a questa vicenda, mi sono progressivamente convinto dell’importanza “politica” di un libro del genere. La morte di Davide ha innescato una serie di reazioni a catena che hanno messo in luce questioni annose, ma sempre vive, come l’incomunicabilità e la violenza sotterranea tra le “due città” che convivono nel tessuto sociale della nostra metropoli. La morte di Davide ha tirato fuori il peggio da gran parte della città: la violenza dei dibattiti sui social network ha mostrato il livello di intolleranza dei napoletani “civilizzati” nei confronti di quelli che considerano dei “barbari”, sia pure loro concittadini, arrivando a stabilire che se si viaggia su un motorino con assicurazione scaduta allora va messa in conto la possibilità di venire ammazzati da un colpo di pistola sparato da un “tutore della legge”. La stampa ha raccontato di pregiudicati e armi che non esistevano affatto sul motorino su cui viaggiava Davide, aumentando i pregiudizi e le narrazioni “tossiche” di cui è protagonista il Rione Traiano; la società civile, dal canto suo, è rimasta spiazzata, senza riuscire, a parte rare eccezioni, a creare una rete che mettesse insieme fatti, persone, esperienze dell’intera area urbana, e che fosse in grado di dare risposte alle persone – i ragazzini amici di Davide e i suoi familiari su tutti – che dopo la morte del ragazzo manifestavano una reazione di rabbia e dignità che colpì per la sua forza.
Il libro esce a tre anni dalla morte di Davide, perché si è ritenuto doveroso aspettare gli esiti almeno del primo grado del processo, al termine del quale il carabiniere Macchiarolo è stato condannato a quattro anni e quattro mesi. Sono più o meno un quarto di quelli che Davide Bifolco ha potuto vivere. Sono uno in più di quelli, lunghissimi, che sono passati da quella tragica notte.