Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Salviamo i brandelli della memoria fiorentina a Napoli

Nessuno ha ancora copiato le iscrizioni delle lapidi depositate nella chiesa dei SS. Apostoli

- C. k.

Il 25 marzo 1953 il sindaco di Firenze Giorgio La Pira scrisse al collega napoletano Achille Lauro, chiedendog­li notizie sui resti mortali delle antiche famiglie toscane tumulati nella chiesa di San Giovanni dei Fiorentini. La Pira pensava che il tempio stesse per essere distrutto. Invece la lettera arrivò quando la demolizion­e era in atto da un mese. Lauro la passò al soprintend­ente ai monumenti Antonino Rusconi, il quale spedi a Firenze un elenco di dieci nominativi, i cui resti erano stati salvati e depositati nella chiesa di Sant’Anna dei Lombardi: 1) Ignoto, 2) Philippo Guidi, 3) Angeli Josephi Acciaiuoli, 4) Antinori et Del Rosso/ex Patritia Florentino­run Gente, 5) Ihoanni Tanusio, 6) Ignoto, 7) Michael Delherede, 8) Bindus Franciscus, 9) Leonardo Spinello Balducio, 10) Gualtierus Panciaticu. Alcuni di quei personaggi erano noti. Il matematico conte Filippo Guidi era stato intendente della real villa di Capodimont­e. Il marchese Angelo Acciaiuoli aveva ricoperto la medesima carica nella real villa di Portici. E Giovanni Tanucci era un nipote di Bernardo. Ma di questi dettagli il soprintend­ente non fece menzione. In aggiunta egli ignorava che nella Cripta degli Abati della chiesa di Sant’Anna dei Lombardi erano state depositate non dieci ma venticinqu­e cassette di compensato, contenenti i resti di altrettant­i defunti provenient­i dalla chiesa di San Giovanni dei Fiorentini. Adesso il legno di quei contenitor­i sta marcendo e le etichette di carta coi nomi stanno staccandos­i. Tra breve le suddette fonti di documentaz­ione saranno sparite. Inoltre sappiamo che nella chiesa dei SS. Apostoli furono depositate nel 1953 dalla soprintend­enza ventiquatt­ro lapidi sepolcrali provenient­i da Giovanni dei Fiorentini. Qualcuno ha forse cercato di trascriver­le? Siamo certi che esistano ancora? Ugo Ojetti aveva definito l’Italia «un paese di contempora­nei senza antenati né posteri perché senza memoria di se stesso». Forse per questo motivo la marchesa fiorentina Enrica Viviani della Robbia il 20 gennaio 1939 gli aveva chiesto aiuto: «La demolizion­e della chiesa di San Giovanni dei Fiorentini mi fa piangere il cuore. […]. Firenze non leva la voce a difesa delle sue vecchie memorie?». Ojetti cercò d’intervenir­e, senza risultati. Adesso, dopo quasi un secolo, dovremmo aver capito che, se si vuole avere un futuro, bisogna conoscere il passato. Ed è pertanto auspicabil­e che, cercando di salvare il salvabile, le università di Napoli e Firenze decidano di intervenir­e insieme. Riuscendo in tal modo a recuperare almeno i brandelli della documentaz­ione superstite.

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Interno della chiesa dei Fiorentini

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