Corriere del Mezzogiorno (Campania)
A Brescia l’uomo della svolta Da solo ha battuto il rumore
Risarcita una famiglia di Brescia. Comitati napoletani mobilitati
Per Gianfranco Paroli, ex bancario, guardare la tv, leggere un libro e persino parlare con i suoi familiari era diventato impossibile a causa della movida. Il Tar di Brescia ha condannato il Comune a risarcirlo con 60 mila euro.
Schiamazzi, grida e musica a tutto volume fino alle quattro del mattino, per cinque anni consecutivi. Per Gianfranco Paroli, ex bancario in pensione, guardare la tv, leggere un libro e persino parlare con i suoi familiari era diventato impossibile. Suo figlio, che allora frequentava l’università, si era rassegnato a studiare steso nella vasca. Per trovare un po’ di silenzio infatti bisognava rifugiarsi in bagno. Paroli vive a Brescia, nel quartiere del Carmine, cuore della movida cittadina. Una zona in cui in pochi anni sono sorti più di una trentina di locali nel raggio di duecento metri e che nei weekend viene letteralmente presa d’assalto, diventando invivibile per i residenti.
D’estate la situazione diventa ancora più insostenibile, al punto che non si può nemmeno aprire una finestra, senza rischiare di rimetterci i timpani. Dopo averle tentate tutte: chiamate ai vigili e alla polizia, due esposti e una lettera al Comune, il fratello dell’ex sindaco Adriano Paroli si è stancato e, su suggerimento del suo avvocato, ha fatto ricorso al Tar.
Il tribunale amministrativo gli ha dato ragione, imponendo al Comune di versargli circa 60 mila euro di danni biologici e patrimoniali. «La frequenza delle propagazioni- si legge nella sentenza- di rumore, la fascia oraria in cui si sono verificate (dalle 22 alle 2.30 circa), l’elevata intensità delle stesse (approssimativamente 20 d.b. oltre il normale rumore di fondo), la vicinanza dell’abitazione alla strada sono indici da cui si può ragionevolmente presumere la lamentata impossibilità di godere del riposo e di attendere serenamente alle proprie attività quotidiane e la conseguente insorgenza di uno stato di ansia».
Il giudice Carla D’Ambrosio pertanto ha deciso che a Paroli e signora spettano 50 euro di risarcimento per ogni notte passata insonne, per un totale di 20 mila euro a testa. A questi devono essere aggiunti circa diecimila euro spesi dalla famiglia per installare di nuovi infissi, che garantissero un maggior isolamento acustico, e altri novemila di spese legali. L’amministrazione inoltre ha l’obbligo di predisporre un servizio di vigilanza, per tutte le sere, da giovedì a domenica, nei mesi da maggio a ottobre. I vigili urbani dovranno ripristinare la quiete in zona entro mezz’ora dalla chiusura dei locali. Il Comune, attraverso l’assessore alla sicurezza Valter Marchetti, fa sapere che farà ricorso.
La giunta di centrosinistra infatti ritiene di aver fatto tutto il possibile per ridurre il disagio nel quartiere. Le pattuglie dei vigili sono state inviate più volte in zona, ma gli agenti si sono spesso trovati in minoranza e hanno dovuto più volte difendersi da minacce. L’assessore invoca quindi l’intervento di carabinieri e polizia.
Quella di Brescia è una sentenza che potrebbe fare scuola e costringere tanti Comuni ad adottare misure più restrittive nei confronti degli amanti della vita notturna. Ed è quello che si augurano i comitati e le associazioni di cittadini che stanno contattando lo studio legale che ha condotto questa battaglia. L’avvocato di Paroli sta ricevendo richieste da ogni parte d’Italia, non mancano naturalmente quelle dei comitati napoletani, da anni esasperati dalle notti brave.
Anche nel capoluogo campano sono sempre di più le personesoprattutto delle zone prese d’assedio nel fine settimana, come Chiaia o il Vomero - che si ritengono vittima di quanti fanno le ore piccole sotto le loro finestre. Un malessere che spesso genera liti tra chi rivendica il diritto al riposo e chi quello al divertimento. Scontri che talvolta sono sfociati in episodi di violenza, come testimonia quanto avvenuto, di recente, in via Aniello Falcone.