Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Movida selvaggia, i comitati pronti a chiedere i danni
Esposito (Quiete pubblica): «Seguiremo l’esempio di Brescia» Mazzarella: «Il Comune inadempiente corre un grande rischio»
Con la rabbia, ormai antica, monta anche a Napoli, tra le vittime della movida selvaggia, la speranza che qualcosa cambi dopo la clamorosa sentenza che ha riconosciuto il risarcimento, dovuto dal Comune, del danno biologico e patrimoniale a due coniugi di Brescia che per cinque anni hanno subito forti disagi a causa degli schiamazzi del popolo della notte. «Pronti a seguire quella via e a tirare dentro anche il Comune», giura l’avvocato Gennaro Esposito che presiede il Comitato per la Quiete pubblica napoletana e la vivibilità cittadina, una sorta di coordinamento cittadino che rappresenta il punto di riferimento per chi si batte nei punti caldi del divertimento notturno per vedere riconosciuti, dopo una certa ora, i propri diritti al riposo e alla tranquillità. «Non è che finora - spiega - siamo stati con le mani in mano. Già nello scorso mese di maggio dopo nostre ripetute sollecitazioni l’Asl ha effettuato in piazza Bellini la misurazione del livello dell’inquinamento acustico. Sono stati rilevati 105 decibel a fronte di un limite massimo di 55. Ora siamo già in contatto con i comitati di altre città». Nel 2011 l’avvocato fu eletto in una delle liste collegate alla candidatura di Luigi de Magistris. «Ma dopo che Pino Narducci andò via (ex magistrato antimafia, chiamato nell’esecutivo dal sindaco,
ndr) decisi di lasciare perché i presupposti del mio impegno nella maggioranza erano venuti meno. Ormai in città trionfa l’illegalità». Il riferimento è proprio alla movida incontrollata che turba i sonni (meglio sarebbe dire le veglie) degli abitanti dei vicoletti di Chiaia, di piazza Bellini e dintorni, di via Aniello Falcone. «La sentenza di Brescia - conclude l’avvocato - apre nuovi scenari e sancisce il principio della responsabilità dell’ente pubblico oltre a quello del gestore dei locali. Capisco che in ballo ci sono interessi variegati. Ma penso che quello al riposo, cioè alla salute, rappresenti un diritto garantito dalla nostra Costituzione nonché dalla Convenzione europea per i diritti dell’uomo. Quello al divertimento non può sfociare nell’anarchia. E non mi si venga a dire che i baretti creano occasioni di lavoro. Vorrei proprio vedere quante delle persone che vi lavorano sono inquadrate secondo la legge». Mercoledì prossimo all’hotel Piazza Bellini sarà presentato il Manifesto per la città di Napoli e la visibilità cittadine che già può contare sull’adesione di numerose associazioni, di aziende, di Federalberghi e Federconsumatori. Introdurrà i lavori Eugenio Mazzarella, ordinario di Filosofia teoretica all’Università Federico II e filosofo. «La sentenza di Brescia sottolinea - certifica per l’ennesima volta la supplenza della magistratura di fronte all’incapacità delle istituzioni deputate ad affrontare il grande tema della vivibilità urbana. Un provvedimento del genere non dovrebbe mai arrivare. E poi, visto che il Comune di Napoli non è quello di Brescia, immaginate cosa succederebbe se migliaia di cittadini chiedessero un risarcimento? Sarebbe la bancarotta».
La pronuncia della magistratura lombarda alimenta le speranze di chi nelle ore notturne è costretto a restare sveglio per la musica a tutto volume e le urla degli assedianti. Giancarlo Attena, da anni filma le intemperanze degli irriducibili della notte nei pressi della sua abitazione a Chiaia. «Ma più volte sono stato picchiato. Recentemente hanno anche minacciato di tagliarmi la testa. Sono felice per la sentenza di Brescia destinata a fare giurisprudenza e a costringere il Comune a intervenire con misure adeguate». Anche Beatrice Carrillo del Comitato civico Bellini pensa che la sentenza di Brescia debba costituire l’inizio di una svolta. «Per evitare che Napoli continui ad essere per tutta la notte una discoteca a cielo aperto, salvo svegliarsi come una discarica di bottiglie vuote». Vessia Viscione, di piazza San Domenico Maggiore, spinge a utilizzare il precedente per indurre il sindaco e l’amministrazione comunale a porre un freno a agli happening notturni. Infine Valeria Stinelli di via Aniello Falcone. «Di notte restiamo prigionieri in casa. Da qualche giorno hanno anche sradicato il citofono».
Sono stato picchiato, hanno minacciato di tagliarmi la testa soltanto perché sorpreso a filmare gli schiamazzi