Corriere del Mezzogiorno (Campania)
EUGENIO BENNATO VI PRESENTO «DA CHE SUD È SUD»
Esce il nuovo lavoro del cantautore: «Parlo di un Mezzogiorno che si riscatta sempre Attraverso la musica e l’arte, così come fece l’Africa schiava che generò blues e rock»
«Questo mio nuovo disco parla del sud e del suo destino che è sempre presente; un sud che si riscatta attraverso la musica, l’arte, così come fece nell’Ottocento l’Africa schiava deportata negli Stati Uniti che generò forme d’arte come il blues e il rock». Così Eugenio Bennato presenta il suo nuovo cd «Da che sud è sud» dove ancora una volta prova a dar voce e musica alla coscienza di una nuova cultura del sud «che si contrappone con la sua specificità e la forza delle sue radici alla massificazione globale. Assisto ogni sera – continua l’artista – a una scena non ipotizzabile dieci anni fa, quella che vede una nuova generazione, non più di élite e di avanguardia culturale, che canta e balla una musica che si contrappone a quella commerciale veicolata dalle radio e dalle tv. I media di massa continuano a non far vedere cosa succede realmente nelle piazze. Nel disco c’è il brano “Questa non è una festa” in cui racconto proprio questo cambiamento di costume, questa piccola grande rivoluzione culturale in atto. Un pezzo che ho scritto sull’emozione di un’immagine e di un’atmosfera che vivo ogni sera sul palco, durante i concerti, osservando e sentendo il pubblico che mi è di fronte, che mi comunica la voglia di aggregazione ma anche la coscienza di una nuova cultura del sud che i media continuano a far finta di non vedere. Nei suoni e nei ritmi del sud, come ad esempio nella taranta, vi sono i segni e i volti di una storia millenaria, e nello stesso tempo le pulsazioni di un presente».
Tra le dodici tracce dell’album troviamo anche la toccante «Angelina». «”Angelina Romano, di anni nove, accusata di brigantaggio, fucilata”. Questo era il rapporto dell’esercito del neonato Stato Italiano: a Castellammare del Golfo in provincia di Trapani il 2 gennaio 1862, i bersaglieri compirono per rappresaglia un massacro che comprese anche la bambina. Questa mia ballata è dedicata a questo piccolo angelo, simbolo dell’assurdità di quella guerra e di tutte le guerre. Ho trascritto in note, attraverso dodici brani, una sorta di diario di viaggio in giro per il mondo dall’America del Sud e del Nord all’Africa dei tamburi e delle carovane della disperazione e della speranza, al Mediterraneo degli scambi e delle barriere, all’Estremo Oriente del mistero e delle leggende».
Ogni canzone ha una sua storia, una sua identità, dove accanto alla voce di Eugenio c’è quella di una lingua diversa. «I miei compagni di viaggio testimoniano e arricchiscono il senso musicale del racconto - dice Bennato -, dall’inconfondibile colore vocale di Pietra Montecorvino, a quella tenue di mia figlia italofrancese Eugenia al timbro ruvido e sensuale di Sonia Tota- ro, che balla la taranta e viaggia con me da dieci anni, all’accento di Giorgia Marrucco, madre brasiliana e padre napoletano, all’inglese di Francesca Del Duca, che vive in America e suona le percussioni e di mio figlio Fulvio, che vive in Australia e suona la chitarra e scrive canzoni nel deserto, all’arabo classico e moderno, di Mohammed El Alaoui che viene dal Marocco e di Marwan Samer che viene dalla Siria e attraverso la Tunisia arriva in Italia. Voci che mi danno la possibilità di ambientare le canzoni non in un sud specifico ma in tanti sud lontani».