Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Scene ordinarie di degrado metropolitano
Caro direttore, domenica ho fermato sotto casa un ufficiale della polizia municipale in regolare servizio per segnalargli una serie di auto parcheggiate sugli stalli riservati ai motocicli: perfetta normalità a Napoli, dirai. Dov’è il problema? Ma scendere da casa e trovare ogni sabato sera il proprio motorino spostato sul marciapiede per far posto a un’autovettura è la conferma che si vive in una terra di nessuno.
Lui era lì, a cinque metri dal segnale di divieto e risponde (testuale): «Faccia un esposto. Noi abbiamo altri ordini. Siamo qui per fermare i parcheggiatori (alla vista dei vigili ovviamente scomparsi), non siamo autorizzati ad altri interventi, e certamente non prendiamo ordini da lei!».
Le scene di degrado urbano e di dispregio delle regole sono sotto gli occhi di tutti, ma il vigile che non vede, per proprio disimpegno sul lavoro o che addirittura non è autorizzato a vedere, rappresenta qualcosa di più grave dell’illegalità stessa. Dunque, nella città col primato del caos in Italia, ai vigili urbani vengano messi i paraocchi?
Da un piccolo episodio mi è sembrato di scoprire l’iceberg: se il vigile è comandato a eseguire un servizio, ricevendo ordini specifici, non è autorizzato a fare altro e, pur essendo un pubblico ufficiale, è obbligato dai suoi superiori a omettere d’intervenire. E poi la risposta «faccia un esposto» è la conferma di un rapporto con la città e con la gente che si è drammaticamente rotto o che non c’è mai stato.
Ho commentato il caso sui social ricevendo un centinaio di segnalazioni di situazioni del tutto analoghe. La doglianza più diffusa è che segnalazioni, telefonate ed esposti non hanno alcun seguito: «siamo impegnati, abbiamo altre priorità, non ci sono macchine disponibili, riprovi più tardi, non è nostra competenza, siamo pochi, siamo bloccati nelle postazioni assegnateci (anche se a chattare sul cellulare)».
Il problema è molto serio, sia perché riguarda le premesse della vivibilità stessa di una città, sia perché mette in gioco la credibilità delle istituzioni. Se è vero che i mezzi e le risorse sono scarse, a maggior ragione non possono essere ridotte le competenze sul campo. Non è sostenibile che un pubblico ufficiale, nell’esecuzione di un’ordinanza (con i relativi tempi morti e di attesa) non possa elevare contravvenzioni o intervenire per altro, è un lusso che, nella situazione di Napoli, non possiamo permetterci. C’è dunque un problema di responsabilità e di educazione nel rapporto col cittadino, che non può essere nascosto dietro il solito alibi del predissesto. C’è un problema, ancora più grave, di gestione del servizio e di direttive, se ti rispondono che devi fare l’ennesimo esposto. La Legge 65/86 recita che «il sindaco o l’assessore a lui delegato, impartisce le direttive, vigila sull’espletamento del servizio e adotta i provvedimenti previsti dalle leggi e dai regolamenti». Non c’è da aggiungere altro, bisogna sollevare il caso e pretendere risposte.