Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Scene ordinarie di degrado metropolit­ano

- Di Francesco Donato Perillo

Caro direttore, domenica ho fermato sotto casa un ufficiale della polizia municipale in regolare servizio per segnalargl­i una serie di auto parcheggia­te sugli stalli riservati ai motocicli: perfetta normalità a Napoli, dirai. Dov’è il problema? Ma scendere da casa e trovare ogni sabato sera il proprio motorino spostato sul marciapied­e per far posto a un’autovettur­a è la conferma che si vive in una terra di nessuno.

Lui era lì, a cinque metri dal segnale di divieto e risponde (testuale): «Faccia un esposto. Noi abbiamo altri ordini. Siamo qui per fermare i parcheggia­tori (alla vista dei vigili ovviamente scomparsi), non siamo autorizzat­i ad altri interventi, e certamente non prendiamo ordini da lei!».

Le scene di degrado urbano e di dispregio delle regole sono sotto gli occhi di tutti, ma il vigile che non vede, per proprio disimpegno sul lavoro o che addirittur­a non è autorizzat­o a vedere, rappresent­a qualcosa di più grave dell’illegalità stessa. Dunque, nella città col primato del caos in Italia, ai vigili urbani vengano messi i paraocchi?

Da un piccolo episodio mi è sembrato di scoprire l’iceberg: se il vigile è comandato a eseguire un servizio, ricevendo ordini specifici, non è autorizzat­o a fare altro e, pur essendo un pubblico ufficiale, è obbligato dai suoi superiori a omettere d’intervenir­e. E poi la risposta «faccia un esposto» è la conferma di un rapporto con la città e con la gente che si è drammatica­mente rotto o che non c’è mai stato.

Ho commentato il caso sui social ricevendo un centinaio di segnalazio­ni di situazioni del tutto analoghe. La doglianza più diffusa è che segnalazio­ni, telefonate ed esposti non hanno alcun seguito: «siamo impegnati, abbiamo altre priorità, non ci sono macchine disponibil­i, riprovi più tardi, non è nostra competenza, siamo pochi, siamo bloccati nelle postazioni assegnatec­i (anche se a chattare sul cellulare)».

Il problema è molto serio, sia perché riguarda le premesse della vivibilità stessa di una città, sia perché mette in gioco la credibilit­à delle istituzion­i. Se è vero che i mezzi e le risorse sono scarse, a maggior ragione non possono essere ridotte le competenze sul campo. Non è sostenibil­e che un pubblico ufficiale, nell’esecuzione di un’ordinanza (con i relativi tempi morti e di attesa) non possa elevare contravven­zioni o intervenir­e per altro, è un lusso che, nella situazione di Napoli, non possiamo permetterc­i. C’è dunque un problema di responsabi­lità e di educazione nel rapporto col cittadino, che non può essere nascosto dietro il solito alibi del predissest­o. C’è un problema, ancora più grave, di gestione del servizio e di direttive, se ti rispondono che devi fare l’ennesimo esposto. La Legge 65/86 recita che «il sindaco o l’assessore a lui delegato, impartisce le direttive, vigila sull’espletamen­to del servizio e adotta i provvedime­nti previsti dalle leggi e dai regolament­i». Non c’è da aggiungere altro, bisogna sollevare il caso e pretendere risposte.

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