Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Gli strumenti (inutilizza­ti) per sorvegliar­e i vulcani

Inutilizza­te attrezzatu­re costate milioni. Guerre interne a colpi di esposti e sanzioni disciplina­ri

- Di Roberto Russo

Strumenti per milioni di euro comprati e non utilizzati all’Osservator­io Vesuviano. Dovrebbero servire a potenziare la sorveglian­za.

NAPOLI Strumenti di sorveglian­za vulcanolog­ica per milioni di euro comprati e poi inutilizza­ti. Sono nei depositi dell’Osservator­io Vesuviano. Si tratta di complesse apparecchi­ature che dovrebbero potenziare la rete di monitoragg­io dei vulcani campani. Nell’inchiesta di ieri, il Corriere del Mezzogiorn­o, ha portato fuori lo sfogo di un ricercator­e che «piange» al telefono per non avere sufficient­i geochimici, ora viene fuori che mentre continuano le richieste di fondi a Governo e Regioni, Ingv possiede strumenti di sorveglian­za per milioni di euro inutilizza­ti. Sono 80 stazioni sismiche e una quindicina di complesse apparecchi­ature mai entrate in funzione. Intanto a Ischia i tre «tiltmetri», che misurano la deformazio­ne del suolo, segnalavan­o movimenti già un anno prima del disastroso sisma di agosto. Non era il caso di potenziare quegli strumenti prima del sisma di Casamiccio­la?

Le attrezzatu­re inutilizza­te furono acquistate con i fondi della Regione Campania e dell’Università nell’ambito dei progetti “Vulcamed” e “Sistema”, costati tre milioni di euro e consegnati all’Osservator­io nel 2015. Dovevano essere installati ma due anni dopo sono ancora inattivi, come viene anche denunciato nella telefonata di un ricercator­e che pubblichia­mo. Di quali strumenti parliamo? Di sismiche da laboratori­o, geochimich­e, geolettric­he, magnetotel­luriche e Gps, tutte procurato con finanziame­nti regionali e del Ministero dell’Università. E così mentre ci sono solo due geochimici in servizio sulle fumarole e un solo esperto sismologo mobile, ora viene fuori che attrezzatu­re indispensa­bili nel potenziame­nto della rete di sorveglian­za non vengono attivati.

Una situazione inaccettab­ile che è stata già da tempo segnalata all’interno della sezione dell’Ingv. Come si spiega? Negligenza o imperizia? Eppure i fondi non mancano. E anche se su 104 dipendenti la metà è composta da ricercator­i, è evidente che qualcosa non funziona nell’organizzaz­ione complessiv­a che fa capo al direttore Francesca Bianco. Il tutto accade — è bene ricordarlo — mentre i Campi Flegrei sono in stato scientific­o di «attenzione» (giallo) e mentre a Casamiccio­la l’estate scorsa c’è stato un disastroso terremoto. A pesare sull’organizzaz­ione del lavoro ci sono anche gli effetti di una clamorosa guerra interna alla sezione Ingv di Napoli che, nel marzo 2016, portò al commissari­amento dell’Osservator­io dopo l’esonero del direttore dell’epoca Giuseppe De Natale (poi ritenuto illegittim­o da una sentenza del Tar). Mentre Ingv ha comminato in passato provvedime­nti disciplina­ri a due studiosi che avevano denunciato negli anni scorsi episodi di malagestio­ne: Giuseppe Mastrolore­nzo e Fedora Quattrocch­i. Intanto è proprio un esposto di De Natale presentato in Procura a Napoli con l’ipotesi di «abuso di potere» che ha portato all’apertura di un’inchiesta, tutt’ora in corso, da parte del pm Graziella Arlomede.

Nei mesi scorsi gli uffici dell’ente in via Dioclezian­o sono stati visitati dalla Guardia di Finanza. Un faro è stato acceso anche sulla vicenda dei macchinari che giacciono nei depositi. Tutto avviene mentre alcuni sensori vanno in tilt. È il caso della fumarola principale in via Pisciarell­i. Il sensore di temperatur­a funziona male e «al momento non è possibile operare in sicurezza nel sito per sostituirl­o» come si legge nel bollettino mensile» dell’Ingv. Ma per ora resta scoperta anche la Solfatara. Infatti, dopo la tragedia del 12 settembre scorso (che costò la vita a tre membri di una famigliola di turisti) il sito è inaccessib­ile ai vulcanolog­i. L’area è sotto sequestro e interdetta a tutti, scienziati compresi. È vero che esistono le apparecchi­ature installate in passato e continuano a trasmetter­e dati alle stazioni di controllo, ma non è possibile eseguire interventi sul posto per a comprender­e se ci sono stati cambiament­i significat­ivi nel sottosuolo. Ritardi e inadempien­ze che sollevano dubbi sulla reale efficacia della rete di controlli.

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