Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La storia di Napoli in nove romanzi Al Bellini riecco le «Lezioni» di Laterza
a storia di Napoli è stata raccontata tante volte, stavolta volevamo farlo in un modo diverso». Questa la premessa. Dal 12 novembre la realizzazione del progetto. Giuseppe Laterza, presidente della casa editrice e promotore delle «Lezioni di storia» che in questi ultimi anni hanno ottenuto successo e grande partecipazione in diverse città italiane, è partito da questa considerazione iniziale per approdare a una formula nuova per l’edizione 2017 della manifestazione, che riprende dal teatro Bellini di Napoli.
Nove storici hanno scelto ciascuno il romanzo ritenuto più rappresentativo per illustrare un’epoca. Sui testi scelti verranno costruite le lezioni. A inaugurare il ciclo sarà Giuseppe Galasso, con Il resto di niente di Enzo Striano. Ecco il seguito del programma: Luigi Mascilli Migliorini con Graziella di Alphonse de Lamartine; Paolo Macry, su più testi, da Il ventre di Napoli di Serao a Gomorra di Saviano; Paolo Frascani, da I tre operai di Bernari a La dismissione di Ermanno Rea; Lucy Riall su Napoli 1944 di Norman Lewis; Gabriella Gribaudi ancora su Il resto di niente; Matteo Palumbo su Spaccanapoli di Domenico Rea; Francesco Barbagallo su Mistero napoletano di Ermanno Rea; Silvio Perrella su Ferito a morte di La Capria. Titti Marrone trae le conclusioni nell’appuntamento finale. «All’inizio», spiega Laterza, «credevo fosse una traccia esile, invece mi sono reso conto che è il contrario: su Napoli c’è una sovrabbondanza narrativa e molti romanzi importanti sono rimasti fuori. Evidentemente Napoli ha una strordinaria capacità di raccontarsi». Il ciclo di lezioni non arriva al boom della Ferrante, si ferma al dopoguerra, con La Capria. «Sì, abbiamo notato che ci sono alcuni periodi in cui è evidente un certo addensamento letterario. La prima parte dell’Ottocento è più rappresentata della seconda metà. Mentre nel secondo dopoguerra c’è nuovamente una densità incredibile di narratori. Abbiamo scelto comunque di non arrivare alla Ferrante perché crediamo nella necessità di una sedimentazione. Come Croce diceva, ogni storia è una storia contemporanea, ma il modo di vedere la storia risente delle nostre lenti, quindi è opportuno un distacco dalla materia».
Alla fine, quello che colpisce è «l’attitudine fortissima che ha Napoli di autorappresentarsi, come raramente accade altrove. Se questo testimonia la forza immaginativa e creativa che c’è qui, è anche vero che c’è un rovescio della medaglia. Ed è questo: Napoli è una città di parole, di immagini, di musica. Ma non sempre a parole e immagini fanno seguito le azioni».