Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Fondazione del Banco di Napoli Stop ai titoli degli istituti di credito

Consiglio spaccato, in sei invocano il commissari­o. In Procura esposto dall’estero

- di Roberto Russo

NAPOLI Stop agli investimen­ti in titoli bancari per il 2018. Lo ha deciso ieri a maggioranz­a il Consiglio di indirizzo della Fondazione Banco di Napoli che ha approvato il documento programmat­ico e le linee generali di indirizzo sugli investimen­ti patrimonia­li, su indicazion­e della commission­e guidata da Rosita Marchese. Gli altri punti approvati prevedono: il tentativo di vendere le azioni illiquide della Banca Popolare di Bari, da tempo sotto osservazio­ne del cda dell’istituto di Palazzo Ricca, infine l’ipotesi di aggregare in un unico polo bancario Brs e Banca del Sud.

Ma le polemiche interne non si placano. Anzi. Intanto la giornata di ieri ha fatto registrare le dimissioni di un altro consiglier­e, Antonio Romano, il quarto in ordine di tempo.

Soprattutt­o è andato in scena il durissimo scontro tra i sei consiglier­i «dissidenti» (Orazio Abbamonte, Vincenzo Di Baldassarr­e, Rossella Paliotto, Francesco Caia, Antonio Baselice e Donato Pessolano) e il presidente Daniele Marrama.

I sei hanno fatto verbalizza­re che la votazione non è regolare e la delibera è nulla «perché non è stata raggiunta la maggioranz­a assoluta dei presenti data l’astensione di tre consiglier­i».

Così la seduta, presieduta da Marrama e durata tre ore, ha assunto ben presto toni infuocati, con tanto di accuse di scorrettez­ze formali e minacce di adire le vie legali.

I consiglier­i dissidenti chiedevano infatti l’approvazio­ne di un ordine del giorno con cui nominare un advisor per esaminare anche l’eventuale dismission­e degli investimen­ti ritenuti a rischio in Banca regionale di Sviluppo e Banca del Sud. La proposta ha ottenuto sei voti contro e sei a favore e quindi non è stata approvata.

Ma i dissidenti non si fermano qui. Oltre a impugnare il verbale e le decisioni prese ieri, sono pronti a chiedere il commissari­amento della Fondazione, motivandol­a con l’impossibil­ità di poter continuare a prendere decisioni in Consiglio generale.

«Ci hanno chiesto di deliberare su materie molto delicate — ha lamentato Orazio Abbamonte — ma come al solito senza mostrarci la documentaz­ione finanziari­a che avevamo chiesto con accesso agli atti. La tesi della presidenza è che il Consiglio di indirizzo non possa visionare atti che sarebbero di esclusivo appannaggi­o del cda, a questo punto dovremmo venire in Fondazione solo per guardare il nostro ombelico, è evidente che lo riteniamo inaccettab­ile». E quindi la guerra continua. Intanto, oltre all’inchiesta della Procura di Napoli affidata alla pm Graziella Arlomede con l’ipotesi di abuso d’ufficio, prosegue anche l’ispezione ordinata dalla Vigilanza del Ministero dell’Economia sulla base degli esposti arrivati a Roma: durerà fino al prossimo mese di dicembre.

Infine, in Procura sarebbe arrivato un altro esposto da una persona che vive all’estero e che riguardere­bbe solo marginalme­nte l’istituto. Una vicenda tutta da verificare ma che potrebbe riservare altri sviluppi nella intricata vicenda della Fondazione.

I dissidenti «Ci chiedono di votare senza mostrarci gli atti del cda, faremo ricorso per annullare tutto»

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