Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Io, dall’Australia a Caserta per imparare l’arte dei casari»
Marco Bonavoglia partecipa al corso del Consorzio della Bufala Dop
CASERTA Lui sì che viene davvero dalla fine del mondo, dall’Australia, per imparare l’arte antica dei casari. Si chiama Marco Bonavoglia, ha 34 anni, e con la moglie Daniela e i figli Kesia, di 5 anni, e Nicola, di appena 17 mesi, ha deciso di tornare in Italia per partecipare al primo corso della Scuola di formazione lattiero-casearia, fondata dal Consorzio di Tutela Mozzarella di Bufala Campana Dop, con sede nelle ex cavallerizze della Reggia di Caserta. Marco è emigrato sei anni fa da Potenza, dopo aver lavorato come cameriere e in una ditta di pulizie in Inghilterra. Poi, il fratello pasticciere, che dal 2008 vive ad Adelaide, nel Sud dell’Australia, lo ha esortato a mollare tutto e ad inseguire il suo sogno. «Quella per i formaggi è la mia vera passione – racconta orgoglioso l’allievo casaro –. In Australia lavoro in una delle maggiori aziende lattiero casearie, La Casa del Formaggio, vincitrice di numerosi premi, il cui proprietario è originario della provincia di Benevento. Abbiamo anche tentato di produrre mozzarella con il latte delle bufale che vengono allevate laggiù, ma il risultato non è stato dei migliori. Soltanto la ricotta di bufala presenta un sapore apprezzabile. Ma per arrivare al gusto sapido della mozzarella di bufala campana ce ne vuole».
Marco ha già prenotato il biglietto di ritorno ad Adelaide per il 1 giugno dell’anno prossimo. Giusto al termine del corso che ha spalancato le porte a venti studenti, tra cui anche un americano. Le lezioni si svolgono in collaborazione con la società FormaMentis di Battipaglia, dureranno 500 ore, di cui 100 di aula, 200 di laboratorio e 200 di stage finale presso un caseificio socio del Consorzio. L’obiettivo della Scuola di formazione, unico esempio al Centro-sud e prima in Italia gestita da un Consorzio di tutela, non è soltanto quello di preparare i casari del futuro, trasmettendo alle nuove generazioni una tradizione che risale al XII secolo, ma anche di fornire un adeguato e costante aggiornamento ai dipendenti dei caseifici. «Io e mia moglie – continua Marco - abbiamo deciso di licenziarci. Lei lavora come insegnante in un asilo. Ed in verità è stata proprio Daniela ad insistere. Mi ha detto: è la tua occasione, cosa aspetti a partecipare al corso in Italia? Io ho trovato il bando su internet. Ho telefonato alla sede del Consorzio della Mozzarella di Bufala Campana Dop e mi sono iscritto». La mozzarella è un alimento molto ricercato nell’emisfero australe, alla pari di soli altri cinque tipi di formaggio, come afferma il governo di Canberra in un documento ufficiale. La comunità italiana importò il tipico formaggio fresco molti anni fa e ora è diventato un prodotto industriale con significativi riscontri di mercato. A questo scopo si è formato un consorzio (ARC Dairy Innovation Hub) volto a finanziare la ricerca sulla mozzarella che ha unito l’iniziativa privata e la ricerca universitaria per migliorarne la commerciabilità. Tuttavia, al di là della comune mozzarella di latte vaccino finora non è stato possibile andare. Buona la ricotta, accettabile il gelato con latte bufalino, persino il Camembert che si produce tra il Queensland e nel Sud può avere la sua dignità a tavola. E il formaggio arricchisce almeno il 50 per cento della alimentazione tipo della popolazione. Ma la mozzarella con latte di bufala, no. Rappresenta ancora un traguardo irraggiungibile.
«Probabilmente – spiega -– perché le bufale laggiù mangiano erba secca, c’è poca acqua e la terra è molto arida». Marco, gesticolando, sembra disegnare intorno a sé un sogno colorato. Quasi si interrompe. Poi volge lo sguardo al cielo, forse spingendosi in volo già oltre oceano. Dove corrono, audaci, le sue ambizioni da pioniere, anzi da cercatore di pepite d’oro bianco. «Io, una volta acquisite le dovute competenze, vorrei comprare un terreno nello stato di Victoria, più simile al nostro Sud per mitezza di clima e vegetazione, ed impiantare un’azienda a conduzione familiare per allevare un po’ di bufale e iniziare finalmente a produrre latticini e mozzarelle vere. E sembrerà come stare in Italia, a casa. Anzi, meglio di casa».