Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il Csm: togliete i figli ai boss
C’è il sì, all’unanimità, al documento che chiede la modifica del codice penale
«È opportuno togliere i figli minori ai boss della criminalità organizzata». Il Consiglio superiore della magistratura lo ha deciso ieri all’unanimità per favorire una crescita dei futuri cittadini lontana dai «valori» di sopraffazione della camorra e delle mafie. Favorevole anche il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. La proposta di riforma normativa verrà ora avanzata al ministro Andrea Orlando.
NAPOLI Un camorrista può danneggiare suo figlio e portarlo facilmente sulla sua strada e a Napoli la realtà supera addirittura la più cruda immaginazione. Come a febbraio di quest’anno quando sei ragazzini, tutti tra gli 8 e 13 anni, furono intercettati mentre confezionavano con i loro genitori dosi di cocaina per essere spacciate al Pallonetto di Santa Lucia per il clan Elia. Altri invece, appena diciottenni, hanno impugnato pistole e imbracciato fucili e ucciso al rione Sanità, Forcella, Scampia e adesso scontano in carcere l’ergastolo.
Il Csm, l’organo di autodisciplina e organizzazione dei magistrati, ha votato ieri pomeriggio in plenum una delibera con la quale chiederà al ministero della Giustizia di modificare il codice penale: «Bisogna togliere i figli ai camorristi con la sospensione o con la perdita totale della patria potestà». Uno dei relatori della mozione è stato Antonello Ardituro, per anni alla Dda di Napoli e membro del pool che ha sgominato la costola sanguinaria dei casalesi, e che conosce bene le influenze negative dei padriboss.
Secondo Palazzo dei Marescialli «fare parte di un’organizzazione mafiosa rappresenta un pericolo tale per la crescita dei bambini da giustificare l’allontanamento permanente dai genitori».
La risoluzione nasce dall’esperienza emblematica del Tribunale per i minori di Napoli che, con quello di Reggio Calabria, ha deciso di intraprendere una strada «dura» e «diversa» per poter fronteggiare l’escalation criminale degli ultimi anni che ha visto come protagonisti sempre più minorenni autori di omicidi e rappresaglie a suon di colpi di pistole, e «recepisce e valorizza gli interventi del giudice minorile per l’emanazione di provvedimenti volti a togliere o limitare la responsabilità genitoriale, qualora il giudice ritenga che la condotta malavitosa del genitore possa cagionare un danno al regolare sviluppo psico-fisico del minore», nello stesso modo in cui si interviene, per esempio, per i genitori alcolisti o tossicodipendenti.
«La famiglia mafiosa agendo in spregio ai propri doveri di educazione e salvaguardia del minore, finisce per essere una famiglia maltrattante, nei cui confronti deve essere operata una vera e propria censura», si legge nella delibera della sesta commissione.
È un modo per diffondere e dare ancora più concretezza alle decisioni positive messe in campo contro le attività criminali «con una forte connotazione familiare che spesso negano l’adolescenza ai propri figli inserendoli sin dalla tenera età nelle dinamiche criminose dell’associazione mafiosa». Sarà il singolo giudice minorile a «valutare attentamente il caso concreto esaminando anche l’ampio contesto territoriale e sociale in cui la famiglia del minore è inserita».
La delibera suggerisce anche un nuovo quadro di leggi e un «coordinamento tra uffici giudiziari che supporti l’applicazione di queste misure, rendendone più efficace ed effettiva l’applicazione e che investa anche il diritto penale sostanziale». L’auspicio del Csm è di prevedere la trasmissione degli atti dal giudice penale a quello minorile in caso di condanna per reati di mafia, per l’adozione dei provvedimenti sulla potestà genitoriale». Infine da Palazzo dei Marescialli c’è la richiesta al ministro della Giustizia di «attivare percorsi di assistenza psicologica e di valutazione-recupero delle competenze genitoriali dei genitori detenuti» e alla Scuola superiore della magistratura ad organizzare specifiche iniziative di formazione su questi temi.
Oltre che al ministero la risoluzione arriverà sulle scrivanie dei presidenti di Camera e Senato, della commissione Antimafia e al procuratore generale della Cassazione.
Intanto plaude all’iniziativa il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti che sottolinea l’esigenza di «prevedere strutture adeguate alle necessità di accogliere ed educare questi minori, allo scopo di fornire loro le condizioni per un avvenire migliore».
Anche il pm antimafia Catello Maresca è d’accordo: «Togliere i figli ai camorristi potrebbe essere un modo per dare un’alternativa a bambini e ragazzi, anche se non è un discorso semplice e servirebbe un confronto con esperti per capire quale è la strada migliore da seguire nell’interesse dei minori, così come è difficile pensare a una norma che comprenda tutti i casi perché sarebbe sempre preferibile giudicare e prendere decisioni caso per caso».