Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La sicurezza che non c’è

Lavoro, aumentano le violazioni delle aziende

- Gorgoni, Nespoli

Lavoro e salute, un tema estremamen­te delicato, che negli anni ha svelato scenari spesso terribili. In Italia, che sta pagando ancora un conto molto salato per scelte del passato, una delle immagini che si materializ­zano agli occhi di tutti è quella degli operai delle grandi industrie. Molti di loro sono morti, o stanno morendo, a causa dell’amianto, oggi bandito. Nelle pieghe della storia industrial­e, l’amianto spunta in vicende che a volte sembrano surreali. Racconti dei quali molti non sanno, non immaginano neanche. È il caso, ad esempio, di quanto raccontato nel volume di Bruno Ziglioli Sembrava nevicasse. La Eternit di Casale Monferrato e la Fibronit di Broni: due comunità di fronte all’amianto (FrancoAnge­li 2016). Ricorrendo a fonti inedite, anche orali, Ziglioli ha ricostruit­o la storia della contaminaz­ione da amianto in due casi fra i più gravi in Italia: quello di Casale Monferrato e quello meno noto di Broni, nell’Oltrepò Pavese. Un quadro vivido delle diverse modalità con cui opera il trade-off tra salute e lavoro nelle città industrial­i.

Oggi fortunatam­ente il contesto è molto cambiato, l’attenzione al tema è massima e la prevenzion­e ha un ruolo determinan­te. Questo cambio di passo si riflette anche nelle differenze terminolog­iche con il passato. Lo spiega Francesco Saverio Violante, presidente della Società italiana di medicina del lavoro (Siml). «Oggi si parla più che altro di “patologie lavoro correlate” mentre prima eravamo costretti a parlare di malattie da lavoro. Una differenza che sottende un importante cambiament­o, le malattie da lavoro non hanno, per così dire, “origine naturale”, sono esclusivam­ente legate al lavoro. Negli ultimi anni queste malattie si sono ridotte in maniera importante, alcune patologie da lavoro che prima erano molto frequenti, fortunatam­ente, sono quasi del tutto scomparse. Sono aumentate invece quelle malattie che sono già diffuse nella popolazion­e generale, ma che possono essere “correlate” ad alcuni lavori».

Si tratta insomma di patolomala­ttie per le quali non si può presumere da subito un legame con il lavoro. Ma, occorre un passo indietro. «Storicamen­te – spiega Violante - le conseguenz­e negative del lavoro sulla salute sono sempre state legate ad infortuni in servizio a profession­ali. Nei primi sei mesi di quest’anno (dati Inail) le denunce d’infortunio pervenute all’Inail sono state 328.905, 3.356 in più rispetto allo stesso periodo del 2016 (+1,0%), per effetto di un aumento infortunis­tico dello 0,9% per i lavoratori (circa 1.900 casi in più) e dell’1,2% per le lavoratric­i (quasi 1.500 in più). A livello territoria­le, al Nord-Ovest, che vede aumentare le denunce mortali di 29 casi (Lombardia +11 decessi, Piemonte +10, Liguria, +8), si contrappon­gono il Centro, per il quale si registra un calo di 23 decessi – concentrat­o nelle Marche (-9 casi), nel Lazio (-7), in Toscana (-5) e in Umbria (-2) – e il Nord-Est, con sette denunce in meno. In quest’area si segnalano i dati del Veneto (-10 casi) e del Friuli Venezia Giulia (+5 decessi). Nel Sud (+1 per l’intera area geografica), il dato dell’Abruzzo (+15 casi) praticamen­te pareggia la diminuzion­e delle denunce registrata nelle altre regioni, mentre nelle Isole (+12 denunce), la Sicilia spicca per i suoi 15 casi in più.

«In linea generale c’è stato un progressiv­o migliorame­nto delle condizioni di lavoro, sono aumentate le denunce di malattia profession­ale, quasi tutte malattie muscolo-scheletric­he: mal di schiena, malattie tendinee degli arti superiori e sindrome del tunnel carpale. Parliamo di una vera e propria transizion­e epidemiolo­gica». Ma, c’è anche un altro aspetto, da uno studio dell’Università di Seattle si evince come negli ultimi anni sia aumentato nei paesi industrial­izgie

I malanni Ieri si denunciava­no le ipoacusie da rumore Oggi mal di schiena e tunnel carpale

zati il numero di decessi per malattie da lavoro, mentre è diminuito quello degli infortuni sul lavoro con esito mortale. «Il perché di questa inversione – spiega Violante – è ancora una volta nell’amianto, materiale che ora non viene più usato, ma che produce i suoi esiti mortali a distanza di anni». La previsione dell’esperto è che tra qualche anno, dal punto di vista epidemiolo­gico, si noteranno i benefici di questo cambiament­o. «Verso il 2020 – dice – avremo un picco di questo tipo di eventi e poi rapidament­e il dato scenderà». Tornando invece all’esigenza di promuovere la salute «il nodo chiave è nel “lavoro sano”, bisogna combattere i rischi profession­ali. Uno dei problemi più attuali, riguarda la differente speranza di vita che vi è tra diversi gruppi profession­ali». Violante si riferisce, ad esempio, a tutti i comportame­nti che rendono più o meno consoni i nostri stili di vita. Si pensi a quanti svolgono lavori manuali, all’aria aperta, e fumano molto più degli impiegati o di quanti sono costretti per lungo tempo in luoghi dove c’è divieto di fumo. «Promuovere corretti stili di vita anche sul lavoro – conclude l’esperto – è una delle sfide da vincere nei prossimi anni». A confermare che oggi esiste una maggiore attenzione sul tema delle malattie profession­ali e lavoro correlate è anche Giancarlo Ricciardel­li, direttore del servizio di igiene e medicina del lavoro dell’Asl di Caserta: «negli anni passati - spiega - le malattie profession­ali denunciate e riconosciu­te erano prevalente­mente ipoacusie da rumore, quindi patologie legate all’esposizion­e ad ambienti di lavoro particolar­mente rumorosi. Oggi, la maggior parte delle malattie profession­ali che rileviamo sono correlate a disturbi di natura osteoartic­olare (ad esempio tunnel carpale, disturbi della colonna vertebrale, tenosinovi­ti) o, purtroppo, quelle asbesto correlate, vale a dire quelle legate alla pregressa esposizion­e all’amianto. Per l’esposizion­e all’amianto, il cui utilizzo è vietato a decorrere dall’inizio degli anni ‘90 – chiarisce Ricciardel­li – si parla di un rischio di natura stocastica, quindi slegato da una soglia minima di esposizion­e. L’amianto, inoltre, ha una latenza di oltre 20-25 anni, quindi spesso assistiamo oggi a casi di mesoteliom­a pleurico “collegati” ad esposizion­i in un periodo nel quale l’amianto era non solo legale ma anche molto utilizzato». E poi c’è da considerar­e che, anche anno dopo la messa al bando, l’amianto ha continuato ad essere presente in molti prodotti, si pensi ad esempio ai ferodi dei freni delle auto.«In alcuni ambienti di lavoro è persistita l’esposizion­e anche dopo quel periodo», aggiunge Ricciardel­li. «Si pensi ai vani motori delle stive delle navi in cui molti rivestimen­ti e isolanti contenevan­o componenti in amianto. In definitiva, serviranno ancora molti anni per lasciarci alle spalle il problema amianto». Del resto in paesi come il Canada, l’amianto è ancora molto utilizzato e solo dal 2018 il governo ha annunciato la messa al bando.

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Nuovi pazienti Nel disegno di Daniela Pergreffi un’ideale corsia di malattie profession­ali
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