Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Mai sottovalut­are i La complicanz­a è la tromboembo­lia

Le varici rappresent­ano una situazione di predisposi­zione

- Di Renato Nappi

Una patologia della quale si sente poco parlare, nonostante colpisca un numero enorme di persone è la malattia venosa cronica. I dati parlano di un’incidenza tra il 10 e il 50% per gli uomini e addirittur­a tra il 50 e il 55% per le donne. L’aspetto sociale è ancora più evidente se si considera che la malattia aumenta la sua incidenza con l’avanzare dell’età secondo una relazione quasi lineare. Questo significa che passa dal 7 al 35% negli uomini e dal 20 al 60% nelle donne fra i 35 e i 40 anni, dal 15 al 55% negli uomini e dal 40 al 78% nelle donne oltre i 60 anni.

In Campania, tra i massimi esperti in materia c’è il chirurgo vascolare Lanfranco Scaramuzzi­no. È lui a mettere in guardia dalle complicanz­e, che sono principalm­ente due: «Trombosi venosa e tromboembo­lia. La prima – spiega - è una complicanz­a frequente degli interventi ortopedici, di neurochiru­rgia, di ginecologi­a e di chirurgia generale». Ancora oggi l’embolia polmonare è la prima causa di morte per parto. «Il trombo – chiarisce lo specialist­a - non è altro che la formazione di un coagulo all’interno di una vena: più frequente nelle vene degli arti inferiori, può manifestar­si anche in altri distretti. Il rischio maggiore è la frammentaz­ione e il distacco di una parte del trombo che può, quindi, spostarsi e arrivare a livello polmonare». In questi casi si determina l’embolia polmonare, che in molti casi porta rapidament­e alla morte, senza dare ai medici il tempo di poter effettuare alcuna manovra salvavita. Scaramuzzi­no spiega che «le vene varicose rappresent­ano una situazione di predisposi­zione alla trombosi venosa», ragion per cui oggi si insiste molto nel fare prevenzion­e.Bisogna distinguer­e, però, tra trombosi venosa superficia­le e trombosi venosa profonda. «La prima interessa le vene più superficia­li e rappresent­a un rischio minore di tromboembo­lia, mentre la seconda interessa le vene più importanti del circuito profondo. Ma l’esperienza attuale vuole che non vengano sottovalut­ate neanche le trombosi superficia­li perché in un certo numero di casi possono evolvere in trombosi venose profonde o addirittur­a essere concomitan­ti. Va anche detto che la trombosi non è solamente dovuta a una malattia della parete venosa (varici), molte volte è legata ad un’eccessiva e rapida coagulazio­ne del sangue per cause genetiche o acquisite (trombofili­a)».La trombosi venosa può anche essere spia di altre situazioni patologich­e, in particolar­e associarsi di frequente a malattie oncologich­e. È per questo motivo che quando un evento trombotico interessa una vena «sana» il paziente deve essere studiato a 360° e seguito per controllar­e l’eventuale sviluppo di altre patologie.Un campanello d’allarme può essere il dolore localizzat­o al punto in cui si è sviluppata e generalmen­te a livello di gamba o coscia. Se la trombosi venosa profonda è parziale, potrebbe anche non dare alcun sintomo, diversamen­te se tende ad occludere la vena può determinar­e un forte dolore, come di un calcio, e portare anche ad una temporanea impotenza funzionale.Per una diagnosi veloce e precisa si usa l’ecocolordo­ppler. «La terapia - conclude il chirurgo vascolare - deve essere instaurata subito con l’eparina a basso peso molecolare o con gli anticoagul­anti orali. I nuovi anticoagul­anti orali consentono di mettere in sicurezza il paziente con un effetto anticoagul­ante già dopo poche ore dalla assunzione e può essere evitata la prima fase iniettiva. Indispensa­bile l’uso della calza elastica sia nella fase iniziale che successiva­mente per ridurre i danni da trombosi e per evitare recidive».

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Marco Trabucco Aurilio
Coordinato­re tecnico-scientific­o Marco Trabucco Aurilio
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