Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Cercola: «Ora subito un’università»
NAPOLI «La tutela dell’Unesco riguarda l’arte della pizza e dunque il pizzaiolo. Può essere paragonabile a quella concessa ai liutai di Crema: il patrimonio non erano i liuti, ma i liutai e la loro arte. Si difende ciò che viene da un passato, lo si preserva, si contribuisce alla sua diffusione: l’obiettivo è far sì che ciò che viene trasmesso da padre in figlio non si perda, ma venga in qualche modo codificato. A questo punto occorre dunque una accademia, una università della pizza». Il docente di marketing Raffaele Cercola va dritto al punto: quel che fino ad oggi è stato affidato ad un estemporaneo approccio va riorganizzato. «Gli americani hanno format che funzionano, noi abbiamo la cosa più importante: la pizza. E dobbiamo dare una riconoscibilità ai locali dove c’è l’arte tutelata dall’Unesco. Penso ad un forno a vista, ad un elemento che possa parlare direttamente ai clienti e far capire che sono nel posto giusto». Lei faceva riferimento ad una università... «Certo, occorre una accademia. Lo ha fatto Illy per il caffé, in un progetto nel quale sono stato coinvolto, occorre farlo per la pizza. Bisogna fare scuola, ricerche. Individuare un luogo storico e percorsi di formazione. Altrimenti si rischia di finire nel paradosso Meucci». Qual è il paradosso Meucci? «Il riferimento è all’invenzione del telefono, commercializzato da Bell. E non è un caso unico, potrei citare Marconi e la radio. Noi facciamo le belle cose, altri le lanciano e ci guadagnano con azioni di marketing. Questo riconoscimento è un punto di partenza, occorre tirare una linea. La tutela non può essere utilizzata per fini commerciali, ma il patrimonio immateriale va reso tangibile rendendo chiaro ai clienti chi è davvero depositario di questa arte».