Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Tumore del colon, attenti agli stili di vita
Il primario Roberto Labianca: «Con la diagnosi precoce operabili la maggior parte delle neoplasie» Grazie alle nuove terapie migliorata anche la sopravvivenza per i pazienti che hanno metastasi
prevale una dieta da «fast food» o comunque ricca di grassi e l’attività fisica riguarda solo una piccola parte della popolazione. Lo specialista chiarisce anche quali sono oggi le possibilità di cura per questo tipo di tumore.
«Di speranze – aggiunge - ce ne sono molte. La gran parte di questi tumori sono operabili e possono guarire con il solo intervento chirurgico. L’obiettivo è quello di avere una diagnosi precoce e quindi di poter stroncare la malattia sul nascere, non a caso registriamo oggi una sopravvivenza a 5 anni che arriva anche dell’80%. Oltre all’intervento, in alcuni casi può essere necessaria una chemioterapia “adiuvante”, vale a dire una chemioterapia che sostiene la chirurgia e aumenta le possibilità di guarire. Dati recenti di una ricerca italiana ci dicono che in molti pazienti bastano tre mesi di terapia adiuvante». Non meno incoraggianti sono le novità che riguardano i pazienti nei quali questo tipo di tumore ha generato delle metastasi. «Negli ultimi anni – dice Labianca – le terapie antitumorali hanno fatto importanti passi in avanti, soprattutto le terapie mediche. Prima, quando i pazienti presentavano metastasi non operabili, le terapie che avevamo a disposizione garantivano risultati decisamente poco incoraggianti. Si pensi che in media, sino ad una decina di anni fa, i pazienti avevano una prospettiva di vita che non andava oltre un anno. Oggi invece la media di sopravvivenza è di tre anni e, trattandosi di una media, significa che molti pazienti ha un orizzonte temporale più ampio.
Altro aspetto importante è che in molti casi la terapia rende poi possibile l’intervento. Insomma, le armi a nostra disposizione sono sempre più efficaci. Questo discorso vale sia per la chemioterapia, sia per i farmaci biologici, vale a dire anticorpi o altre molecole rivolte contro una mutazione della malattia o contro la capacità del tumore di produrre vasi sanguigni attraverso i quali poi si nutre». C’è infine una piccola parte di pazienti (3 o 4%) per i quali si inizia a parlare di immunoterapia. Ad oggi, comunque, il fattore centrale è la strategia terapeutica basata sulla somministrazione di farmaci in modo sequenziale nel tempo. «Questo – conclude Labianca – significa usare al meglio tutte le terapie disponibili».