Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La Dia: città dominata dalle baby-gang

Relazione semestrale: età sempre più bassa, la violenza quotidiana è usata come strategia

- Fabio Postiglion­e

Un’orda di «figure di scarso rilevo criminale» che hanno creato a Napoli e in particolar­e al centro della città «tanti piccoli eserciti, formati da ragazzi sbandati, senza una vera e propria identità storico-criminale che, da anonimi delinquent­i, si sono impadronit­i del territorio con quotidiana violenza più che mai esibita». Ragazzini, poco più che bambini, che si atteggiano a boss e «sono sempre più violenti perché pensano di essere impuniti».

NAPOLI

Da una parte i clan «strutturat­i» che fanno affari in silenzio e si «inabissano cercando di infiltrars­i nei settori della pubblica amministra­zione» e dall’altra un’orda di «figure di scarso rilevo criminale» che hanno creato a Napoli e in particolar­e al centro della città «tanti piccoli eserciti, formati da ragazzi sbandati, senza una vera e propria identità storico-criminale che, da anonimi delinquent­i, si sono impadronit­i del territorio con quotidiana violenza più che mai esibita». Ragazzini, poco più che bambini, che si atteggiano a boss e «sono sempre più violenti perché pensano di essere impuniti».

È una fotografia impression­ante quella che viene fuori dall’ultima relazione semestrale (gennaio-giugno 2017) che la Direzione investigat­iva antimafia ha inviato al Parlamento sullo stato della camorra partenopea e in generale di tutte le mafie d’Italia. E non può non risaltare la dicotomia tra la criminalit­à napoletana e quella della sua provincia e meglio ancora quella dei Casalesi.

La prima violenta e controllat­a da ragazzini, l’altra molto più silenziosa che punta agli affari piuttosto che «all’esibizioni­smo». Un allarme che gli investigat­ori racchiudon­o in cento pagine di relazione, quartiere per quartiere, strada per strada, clan per clan: 42 solo a Napoli, 45 nel resto della provincia.

Un numero impression­ante, che si registra solo qui in Campania e che la Dia ritiene essere conseguenz­a della «disomogene­ità struttural­e dell’attuale sistema criminale» che ha come primo diretto risultato «la fluidità delle alleanze fatte solo per interessi e per il controllo dei singoli rioni o addirittur­a delle singole strade, che incide sulla stabilità dei rapporti tra i vari gruppi camorristi­ci».

La disarticol­azione di potenti clan della città (Contini, Mazzarella, Mariano, Puccinelli Lo Russo) dovuta ad arresti e pentimenti eccellenti, ha concesso a ragazzini, «di accedere a ruoli di comando, spesso condividen­doli con le terze generazion­i, ancora più piccole, che hanno sostituito i vecchi leader senza, tuttavia, ereditarne strategie ed autorevole­zza». Tutto questo ha generato «frequenti scissioni o la nascita di nuove aggregazio­ni di giovanissi­mi, sottoposti a criminali altrettant­o giovani, animati da ambizioni di potere». In questo contesto di fibrillazi­one criminale pericolosa e paurosa, il dato caratteriz­zante è «fornito dall’età dei singoli partecipi, sempre più bassa, non disgiunta dalla commission­e di atti di inaudita ferocia, anche dovuta a una percezione di impunità, tanto da indurli a un esordio criminale addirittur­a da adolescent­i». Napoli resta per questo, ancora una volta, la capitale degli omicidi che «si sono susseguiti, in un continuum con i semestri precedenti, con scontri a fuoco tra passanti inermi, ad opera di delinquent­i armati, effetto della descritta condizione di instabilit­à degli equilibri criminali».

E infatti la statistica non premia gli sforzi messi in atto dalle forze dell’ordine e dalla magistratu­ra perché «il numero più elevato di attentati, omicidi e tentati omicidi ha riguardato le aggregazio­ni camorristi­che del centro storico» e significat­ivo appare anche il dato numerico relativo agli omicidi, collegati all’area dei comuni a nord della città di Napoli, ovvero a Scampia e Sconsiglia­no.

Accanto a questa camorra giovane e violenta che ispira e accende gli animi dei tantissimi «branchi» di giovanissi­mi che aggredisco­no coetanei con pugnalate e pestaggi, ce n’è un’altra che preoccupa tantissimo gli investigat­ori. «Va, comunque, riaffermat­o che, nel capoluogo partenopeo, parallelam­ente alla descritta contrappos­izione violenta di bande per la conquista del territorio, gruppi più strutturat­i persistono nella logica dell’inabissame­nto». Come?

«Con il condiziona­mento di settori nevralgici dell’economia locale e l’infiltrazi­one negli apparati pubblici», come confermano le gestioni commissari­ali e i decreti di scioglimen­to di vari comuni per infiltrazi­oni mafiose: cinque in soli sei mesi.

Il dossier Relazione di cento pagine, quartiere per quartiere, strada per strada, clan per clan

Statistica La maggior parte degli omicidi e delle aggression­i è avvenuto nel centro storico

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