Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La Dia: città dominata dalle baby-gang
Relazione semestrale: età sempre più bassa, la violenza quotidiana è usata come strategia
Un’orda di «figure di scarso rilevo criminale» che hanno creato a Napoli e in particolare al centro della città «tanti piccoli eserciti, formati da ragazzi sbandati, senza una vera e propria identità storico-criminale che, da anonimi delinquenti, si sono impadroniti del territorio con quotidiana violenza più che mai esibita». Ragazzini, poco più che bambini, che si atteggiano a boss e «sono sempre più violenti perché pensano di essere impuniti».
NAPOLI
Da una parte i clan «strutturati» che fanno affari in silenzio e si «inabissano cercando di infiltrarsi nei settori della pubblica amministrazione» e dall’altra un’orda di «figure di scarso rilevo criminale» che hanno creato a Napoli e in particolare al centro della città «tanti piccoli eserciti, formati da ragazzi sbandati, senza una vera e propria identità storico-criminale che, da anonimi delinquenti, si sono impadroniti del territorio con quotidiana violenza più che mai esibita». Ragazzini, poco più che bambini, che si atteggiano a boss e «sono sempre più violenti perché pensano di essere impuniti».
È una fotografia impressionante quella che viene fuori dall’ultima relazione semestrale (gennaio-giugno 2017) che la Direzione investigativa antimafia ha inviato al Parlamento sullo stato della camorra partenopea e in generale di tutte le mafie d’Italia. E non può non risaltare la dicotomia tra la criminalità napoletana e quella della sua provincia e meglio ancora quella dei Casalesi.
La prima violenta e controllata da ragazzini, l’altra molto più silenziosa che punta agli affari piuttosto che «all’esibizionismo». Un allarme che gli investigatori racchiudono in cento pagine di relazione, quartiere per quartiere, strada per strada, clan per clan: 42 solo a Napoli, 45 nel resto della provincia.
Un numero impressionante, che si registra solo qui in Campania e che la Dia ritiene essere conseguenza della «disomogeneità strutturale dell’attuale sistema criminale» che ha come primo diretto risultato «la fluidità delle alleanze fatte solo per interessi e per il controllo dei singoli rioni o addirittura delle singole strade, che incide sulla stabilità dei rapporti tra i vari gruppi camorristici».
La disarticolazione di potenti clan della città (Contini, Mazzarella, Mariano, Puccinelli Lo Russo) dovuta ad arresti e pentimenti eccellenti, ha concesso a ragazzini, «di accedere a ruoli di comando, spesso condividendoli con le terze generazioni, ancora più piccole, che hanno sostituito i vecchi leader senza, tuttavia, ereditarne strategie ed autorevolezza». Tutto questo ha generato «frequenti scissioni o la nascita di nuove aggregazioni di giovanissimi, sottoposti a criminali altrettanto giovani, animati da ambizioni di potere». In questo contesto di fibrillazione criminale pericolosa e paurosa, il dato caratterizzante è «fornito dall’età dei singoli partecipi, sempre più bassa, non disgiunta dalla commissione di atti di inaudita ferocia, anche dovuta a una percezione di impunità, tanto da indurli a un esordio criminale addirittura da adolescenti». Napoli resta per questo, ancora una volta, la capitale degli omicidi che «si sono susseguiti, in un continuum con i semestri precedenti, con scontri a fuoco tra passanti inermi, ad opera di delinquenti armati, effetto della descritta condizione di instabilità degli equilibri criminali».
E infatti la statistica non premia gli sforzi messi in atto dalle forze dell’ordine e dalla magistratura perché «il numero più elevato di attentati, omicidi e tentati omicidi ha riguardato le aggregazioni camorristiche del centro storico» e significativo appare anche il dato numerico relativo agli omicidi, collegati all’area dei comuni a nord della città di Napoli, ovvero a Scampia e Sconsigliano.
Accanto a questa camorra giovane e violenta che ispira e accende gli animi dei tantissimi «branchi» di giovanissimi che aggrediscono coetanei con pugnalate e pestaggi, ce n’è un’altra che preoccupa tantissimo gli investigatori. «Va, comunque, riaffermato che, nel capoluogo partenopeo, parallelamente alla descritta contrapposizione violenta di bande per la conquista del territorio, gruppi più strutturati persistono nella logica dell’inabissamento». Come?
«Con il condizionamento di settori nevralgici dell’economia locale e l’infiltrazione negli apparati pubblici», come confermano le gestioni commissariali e i decreti di scioglimento di vari comuni per infiltrazioni mafiose: cinque in soli sei mesi.
Il dossier Relazione di cento pagine, quartiere per quartiere, strada per strada, clan per clan
Statistica La maggior parte degli omicidi e delle aggressioni è avvenuto nel centro storico