Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Sant’Elia e il manifesto dei poeti del Sud
Fuoco. Terra. Aria. Acqua è libro uno e trino: antologia di versi, manifesto poetico e il progetto «Poesia Portale Sud» (Terra d’ulivi Edizioni).
Il demiurgo è Edoardo Sant’Elia, firma culturale di Rai 3 Regione, nient’affatto nuovo quanto a produzione poetica (titoli precedenti Zodiaco, Il circo, Cartografia). Questa volta, però, Sant’Elia mette a sistema un contesto, chiama a raccolta altri poeti e, soprattutto sistematizza un pensiero non per darlo acquisito, ma per farne il punto propulsivo del «fare poesia». E nella postfazione programmatica parte da una domanda: «Esiste un pubblico per la poesia?». L’attenzione prioritaria alla ricezione testimonia l’«onestà» avvertita come una «necessità» del procedere.
Ma che vuole fare, in sintesi, Sant’Elia? «Tracciare un percorso della poesia contemporanea nell’Italia meridionale basandosi sulla forza delle voci, cogliendone tanto la contiguità antropologica quanto le diversità irriducibili». Come dire: gettare un reagente sui fili invisibili che originano dal Mezzogiorno avendo alle spalle Omero e Basile, Scotellaro e Pierro, renderli evidenti come in una tac con contrasto, rispettarne andamenti, direzioni, «sentirli» e farli ascoltare. Senza nessuna vibrazione recriminatoria o rivendicativa. Perché è arrivato il momento di «uscir fuori dal bozzolo del ruolo di poeta, tagliando i rami secchi di una presunzione ormai fuori dal tempo; buttar giù la poesia dal cocuzzolo di montagna dove nessuno sale». Poesia, dunque, non è «feticcio da idolatrare» ma strumento conoscitivo e fondante della civiltà occidentale. Nella prefazione, infatti, Sant’Elia, con la modalità interrogativa che gli è consona, scrive: «Chi l’ha detto che dalla filosofia non può germogliare la poesia?». E spiega: «Filosofia e poesia sono alberi che appartengono alla stessa foresta, i loro rami, le loro foglie si intrecciavano un tempo, le loro radici attecchivano in un terreno comune…». Poi, «Platone, lo spietato giardiniere, separò i semi dei due linguaggi». La proposta è ripartire dal presocratico Empedocle, il girgentino che filosofava poetando e viceversa. E proprio i quattro elementi da lui indicati come origine del mondo sono la traccia sulla quale si muovono i poeti di questa silloge. «Ha ventre di brace l’ultima galassia \ personale rogo l’occhio di Polifemo.»; «Chissà quali distanze \ il gelo \ buchi di emmenthal l’anima»; «Aria dissalata i mei pensieri di carta\travasano fuoco fresco \al mostro-mago alle spalle»: è il fuoco di Giuseppina De Rienzo che incendia e raffredda versi con mano matura. «Io ferma in terra \ ho fatto passi lunghi, \ misura del buio»; «Respira dopo \ la pioggia, respira la \ tua terra madre»; «Sei la mia terra. \ Nel tuo puro ascendente \ sono allunata»: è la terra di Rossella Tempesta che distilla immagini in 21 haiku e una poesia.
Sant’Elia riserva per sé l’aria, ritmandola sapientemente in un poemetto fresco e vivace che evoca presenze mitiche con l’effetto di un racconto tanto contemporaneo quanto antico e leggendario. I registi dell’azione si presentano così: «Siamo gli spiriti del Mezzogiorno, \ soffia nel cavo delle mani \ se credi nel nostro ritorno. \ Se hai seguito la storia per intero. \ Se tutto hai rivissuto sul più bello, \ ricorda con favore i nostri nomi: \ Lello, Aniello e Farfariello!». L’acqua di Valerio Grutt inonda di sorprese notevoli: «In un momento si rovescia \ ciò che è giusto e ciò \ che non lo è mai stato, \ cade il gelato e tutta un’estate \ sulle sue gambe». È l’acqua che purifica e libera come l’ironia: «…con la faccia rotta di sorrisi \ mi farò gavettoni di pianto. \ Inviterò le ombre a pranzo \ e gli dirò “facciamoci questa mangiata di pesce \ e arrivederci”».