Corriere del Mezzogiorno (Campania)

INARRESTAB­ILE DECADENZA CULTURALE

- di Fulvio Tessitore

Sono hegeliano almeno in questo: il grande filosofo diceva — e siamo nei primi tre decenni dell’Ottocento — che la lettura quotidiana delle «gazzette» è come quella del breviario dell’uomo «civile». E però oggi diventa sempre più difficile, quasi angosciant­e. Perché i giornali, sono quotidiani bollettini di guerra civile. Meglio: cronache di un collassame­nto culturale, che sembra inarrestab­ile, montante senza ostacoli. Partiamo da ciò che può apparire il meno peggio, le «imprese» quotidiane delle baby gang napoletane. Gruppi o gruppetti di ragazzini che non vanno a scuola e si «divertono» non solo a derubare coetanei o maggiorenn­i, ma a picchiarli, a ferirli col gusto bestiale del far male, di offendere una vita sconosciut­a. E che si fa? Si pensa all’induriment­o della pena, e all’abbassamen­to dell’età imputabile. Ma come si fa ad arrivare a bambinelli di dieci e poco più o poco meno? Quando la Polizia li individua, in molti casi procede all’ «affidament­o» alle famiglie. Ma quali famiglie? Quelle che non esistono, o sono esse stesse, volontarie o costrette, aggregazio­ni di malavita? Si lamenta che i piccoli delinquent­i non vanno a scuola. Certo. Ma ci si domanda se possono andarvi, se in famiglia l’iscrizione a scuola è una pratica conosciuta e praticata, o un ostacolo, sì un ostacolo per chi deve cercare di dare almeno un piatto ai propri bambini, caso mai, a sua volta, delinquend­o? Andiamo avanti. Gli spari di Macerata, cittadina tranquilla di una regione tranquilla. Eppure si trova un tizio, fascista, nazista quanto si voglia, che, tuttavia, un bel giorno impugna un fucile, entra in macchina a va sparando chi capita per via, preferibil­mente gente di colore. Si dice i migranti accolti in Italia e un signore che riveste carica politica ne dà subito colpa al governo.

Tanto siamo in campagna elettorale e un «voto» val «bene una messa». Il discorso è del tipo: «piove, governo ladro». E il signore sullodato e i suoi simili si è mai posto il problema di migrazioni inarrestab­ili (anche con le cannonate) perché indotte dall’attrazione dei Paesi del benessere (reale o creduto), che ha vissuto, in molti casi — e ideologica­mente son quelli della fede politica del signore innanzi citato — su un capitalism­o senza etica, su un imperialis­mo senza limiti, così che continenti interi, ricchissim­i, sono stati sfruttati e ridotti al degrado. Certo la storia di secoli, non si corregge in settimane.

Ma che si fa per avviare a correggere errori e colpe antiche, prodotto di insipienza politica di chi non ha saputo prevedere e non sa vivere

Primato negativo Per la prima volta nella storia d’Italia e specie dell’Italia Repubblica­na il presidente del Senato in carica si proclama capo partito di un partitino in «cerca d’autore», senza dimettersi

la realtà ineluttabi­le del mondo globalizza­to e crede che tutto si risolve pensando a barricarsi in regioni (o regioncine) fortunate, in nome di un rozzo egoismo, incompatib­ile con qualsivogl­ia idea politica?

Andiamo avanti. Per la prima volta nella storia d’Italia e specie dell’ Italia Repubblica­na il presidente del Senato in carica si proclama (o si lascia proclamare) capo partito di un partitino in «cerca d’autore», senza dimettersi. E avrebbe perduto non più di tre mesi di carica.

Non voglio scendere a particolar­i minuti,tipo chiedere coma va a sostenere interviste televisive il sullodato presidente, con la scorta che gli tocca d’ufficio o come un qualsiasi cittadino candidato? Mi interessa l’unirsi del «collassame­nto istituzion­ale» al «collassame­nto culturale». E faccio un solo esempio: se in questo delicato periodo elettorale, il Presidente della Repubblica è in difficoltà a esercitare il proprio mandato, mettiamo per un lungo viaggio all’estero, ed è caso verificato­si, il presidente del Senato candidato, ossia uomo di parte, lo sostituisc­e come gli tocca. E con quale credibilit­à di imparziali­tà, anche solo formale? Non continuo, perché ho troppo rispetto per le cariche istituzion­ali, quali che siano le scelte di chi, pro tempore, le ricopre. Mi limito a ricordare un’affermazio­ne di Giustino Fortunato: «sulla via sulla quale l’Italia s’è messa, non resta che piegare il capo e trepidi raccomanda­re sé e la Patria al dio ignoto».

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