Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Camorra imprenditrice, le slot in Usa e in Polonia il gasolio di contrabbando
In clan spostano il business in nazioni dove i controlli sono più blandi. Il post-terremoto è sempre un affare
Una camorra in colletto bianco che «emigra» e da Napoli, dove i controlli sono pressanti e le cosche sono sempre «più fluide e violente gestite da eserciti di ragazzini sbandati», ha deciso di spostare buona parte dei propri affari in regioni poco «contaminate» dalla presenza della criminalità organizzata e per questo molto redditizie. La Direzione investigativa antimafia, nella relazione semestrale sullo stato della criminalità organizzata nei primi sei mesi del 2017, dedica un capitolo a parte proprio all’espansione dei clan partenopei verso nuove città «diventate avamposti» di Scampia, del rione Sanità, di Secondigliano o anche di Casal di Principe e Giugliano.
L’espansione
Caso emblematico in Umbria dove gli investigatori ritengono che moltissime cosche hanno messo le mani «sui fondi statali stanziati per la ricostruzione post-terremoto», così come «avevano già fatto in Emilia Romagna». Soldi puliti che diventano sporchi grazie ad una vera e propria «economia parallela che si fonda sul rapporto imprenditore-camorra». Anche questo legame «sempre più forte» è mutato rispetto al passato. «Adesso sono gli imprenditori a cercare l’appoggio della criminalità organizzata», così da essere sicuri di non avere problemi «di disponibilità economica» oppure di «richieste estorsive». Tutto ciò, secondo gli investigatori della Dia, che hanno già inviato la relazione al Parlamento, genera forza e potere alle cosche «in grado di infiltrarsi in tantissime attività solo appahanno rentemente lecite» e lontane chilometri dai confini della Campania e non solo, addirittura dell’Italia.
Il caso Liguria
In Lombardia il clan Lo Russo, che ha radici a Miano e Piscinola, «fa affari in ristoranti, bar, pizzerie», mentre altre cosche hanno impiantato basi «per i traffici di armi». A Genova sembra di stare ad Ercolano dove «i Birra-Iacomino numerose paranze» di ragazzi specializzati in «truffe agli anziani». Nella ricca Toscana sono presi di mira gli imprenditori. Lì la camorra ha creato delle vere e proprie banche-parallele con la concessione di decine di prestiti «ma a tassi usurari», tanto alti da non essere più restituiti, «in quel modo è il clan a sostituirsi all’imprenditore». Nel Lazio oltre che nei traffici di droga la camorra, e in particolare la cosca dei Licciardi di Secondigliano, ha creato un sistema «redditizio per la gestione delle slot machine alterando le cifre degli importi delle scommesse lecite», quelle gestite dallo Stato, per intenderci.
I Casalesi nel Molise
Ultimamente poi, ricorda la Dia, si sono avuti chiari sentori di una massiccia opera di speculazione edilizia «operata dai Casalesi in tutto il Molise». Ma è fuori dai confini nazionali che le nuove leve si stanno spingendo per fare affari, forti «degli accordi già presi dalla camorra negli anni Novanta». E allora in Germania «ci sono pizzerie e basi per garantire la latitanza dei boss». In Francia con «un grosso giro di contraffazione dei marchi e di scommesse on line». Dalla Polonia invece «arrivano tir con gasolio di contrabbando» da rivendere in città, mentre in Belgio sono state create «società di comodo per coprire i traffici di droga». Dall’Albania «prostitute» e dalla Turchia «eroina già tagliata». Oltre i confini dell’Europa, secondo il rapporto della Dia, la camorra è riuscita a stabilirsi con il permesso della ’ndrangheta anche in Australia «dove commercia in droghe sintetiche». Nel Stati Uniti il «gioco illegale e l’importexport di prodotti agricoli», la fanno da padrona. Infine in Colombia, dove dietro «ai traffici internazionali di droga si celano società che si dovrebbero occupare di pesca d’altura nell’oceano» e invece importano cocaina che inonda le «piazze» di Napoli.
Gli inquirenti «È una economia parallela che si fonda sul rapporto tra impresa e cosca»