Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Voto, il Sud decisivo Ma è (quasi) assente dai programmi
Fuori dalle venti priorità dei grillini. Il centrodestra, come Grasso, lo cita soltanto una volta. Il partito di Renzi gli dedica un capitolo (con auto-elogio). E solo Potere al popolo rilancia la «questione»
Ancora ieri Aldo Cazzullo, su
Corriere Tv, parlando delle elezioni politiche del prossimo 4 marzo, commentava: «L’incognita maggiore è se i Cinque Stelle sfonderanno al Sud. Se così non sarà, la destra avrà la maggioranza assoluta». Proprio il Mezzogiorno, infatti, secondo molti autorevoli osservatori, e naturalmente anche per i partiti, rappresenta il vero ago della bilancia nella formazione del prossimo Parlamento e soprattutto nella nascita della maggioranza che governerà il Paese per i futuri cinque anni.
Potere al Popolo Viola Carofalo, napoletana (classe 1980), portavoce
Eppure, a fronte di questo interesse politico per l’Italia meridionale, non appare altrettanto evidente un interesse
programmatico per una fetta di Penisola nella quale vivono quasi 21 milioni di persone.
Il Movimento Cinque Stelle, che candida premier un figlio del Sud, il pomiglianese d’adozione (nato ad Avellino) Luigi Di Maio, nei 20 punti del programma per la qualità
della vita degli italiani spazia dalla necessità di cancellare 400 leggi inutili a quella di tagliare gli sprechi («così 50 miliardi torneranno ai cittadini»); promette la pensione di cittadinanza («mai più sotto i 780 euro») e lo stop al business dell’immigrazione; annuncia 17 miliardi per aiutare le famiglie con figli e la Banca pubblica per gli investimenti; si impegna al superamento della «cosiddetta buona scuola» a per il rilancio della green economy. Tutti argomenti di rilievo, certo, ai quali (anche) il Sud è evidentemente interessato; ma nessuna proposta specifica. Stesso discorso per i temi alla base della piattaforma politica dei grillini (come è possibile verificare sul sito del movimento): fra le aree di discussione non c’è traccia di Mezzogiorno.
Da M5S a LeU. Nel cui programma, pure qui consultabile sul portale internet, non è previsto un capitolo (sui 14 totali) dedicato al Meridione. «Il progetto di Liberi e Uguali nasce per restituire speranza nella democrazia a milioni di cittadine e cittadini che oggi non si sentono più rappresentati da nessuno e che hanno bisogno di un cambiamento concreto nell’interesse dei molti che hanno poco e non dei pochi che hanno troppo». Nel lungo testo che segue l’incipit, la parola Sud compare una sola volta, quando si parla di cultura come volano per lo sviluppo. Mentre, solo se si clicca nell’approfondimento del capitolo sull’Università, il dato aumenta fino a quota 7 (3, invece, le citazioni per il Mezzogiorno e 2 per il Meridione).
E passiamo al centrodestra. Nel programma elettorale in dieci punti che accomuna Forza Italia, Lega (non più
solo Nord), Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia — coalizione che proprio da Roma in giù cerca l’acuto per l’ambita vittoria — la parola Sud compare soltanto una volta, al pari del riferimento al Mezzogiorno. Ecco il breve passaggio. Piano
per il Sud: sviluppo infrastrutturale e industriale del Mezzogiorno, uso più efficiente dei fondi europei con l’obiettivo di azzerare il gap infrastrutturale e di crescita con il resto del Paese. Tutti buoni propositi, non v’è dubbio. Ma le soluzioni individuate per trasformarli in realtà?
Il Pd di Renzi, dal canto suo, cita per ben 21 volte il Sud e per altre 7 fa cenno al Mezzogiorno; ma più che nella fase propositiva, per la verità, il testo si dilunga in quella elogiativa del lavoro svolto nell’ultimo lustro dai governi a guida dem. Nel capitolo Diamo più forza al Mezzogiorno, infatti, si ribadisce che è necessario «colmare il divario con il Nord e garantire uguali opportunità ai cittadini delle diverse aree del Paese», anche se poi si ricorda subito: «Il Sud è (già) uscito finalmente dalla crisi, la più lunga dal dopoguerra». Le idee in campo per la prossima legislatura? «Accelerazione e sviluppo degli interventi — infrastrutture, ambiente, attrattori culturali, contratti di sviluppo — predisposti nei Patti per il Sud; intensificazione delle principali misure di politica industriale, in particolare Impresa 4.0, e attuazione delle Zone economiche speciali; garanzia dell’effettiva addizionalità degli interventi della politica di coesione attraverso l’applicazione rigorosa della clausola del 34% per gli stanziamenti in conto capitale ordinario». Dunque, in buona sostanza, il proseguimento del lavoro impostato cinque anni or sono e proseguito fino in ultimo.
Potere al popolo, infine, unico caso, propone (al punto 14 dei 15 previsti nel programma) una «nuova questione meridionale». Da affrontare con «investimenti pubblici nei settori produttivi, che siano mirati allo sviluppo dei territori più svantaggiati per contrastare il ricatto inaccettabile che vorrebbe barattare l’occupazione con la salute e la tutela dell’ambiente, e per permettere alle ragazze e ai ragazzi del Mezzogiorno di avere il pieno diritto allo studio e al lavoro nella propria terra».