Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Io, tra i superstiti di Napoli Mi nutro della sua fantasia
Sono uno dei pochi superstiti, in città. No, non è una roba tipo The Walking Dead, non ci sono gli zombie o un’apocalisse di cui non sapevate niente. Parlo del fatto che io ancora vivo a Napoli, e del fatto che ho poco più di trent’anni e (ancora) non sono emigrato. E, sincero, non ci penso proprio ad andarmene. Occhei, ho un lavoro particolare, sono (relativamente) molto libero e viaggio tantissimo, faccio lo scrittore e l’Italia me la giro per fare le presentazioni da anni e anni.
Quindi, potremmo dire che emigro ogni settimana, o giù di lì. Il fatto è che a me piace molto vivere a Napoli. Amo anche Roma, Torino, Milano un po’ meno. E non è che amo Napoli per la mia famiglia o cose del genere, o per il mare, o perché la pizza come la fanno qui te la sogni. Si sopravvive pure senza queste cose (senza il mare un po’ meno). Ma gli ultimi dati in fatto di emigrazione giovanile sono impietosi: se ne vanno tutti. Solo io, ne conosco tantissimi. Praticamente tutti i miei amici lavorano e vivono fuori. Chi da anni, chi da poco. Chi è andato a studiare fuori, chi ha conosciuto una ragazza spagnola e ora vive a Londra (ah, l’amour), chi si è spostato a lavorare proprio «tra Roma e Milano» (come se esistesse un varco temporale che racchiude il vivere tra queste due metropoli, mah).
Il fatto strano, grave, è che questi amici non rimpiangono Napoli. Non fanno della distanza uno psicodramma; tornano a Natale qualche giorno, d’estate forse una settimanella, ma poi stanno bene dove stanno. E il ritornello è sempre lo stesso: si vive meglio fuori, a trent’anni. Non necessariamente all’estero, perché all’estero ci vanno in pochi. In ogni caso: stare a quattro ore e una manciata di minuti con l’alta velocità da Piazza Garibaldi, è rassicurante.
Il punto è che io conosco molto bene sia Milano che Roma, per fare un confronto. Non è solo una questione di maggiore domanda di lavoro. È una questione di offerta emotiva. Napoli è abbandonata, chiusa in se stessa, c’è poco movimento. I ragazzi dove escono la sera? Pensiamo a questo dato. Qui in città si parla solo di tre, quattro posti. Piazza Bellini, la Fonoteca (che è come dire: il Vomero), l’Arenile d’estate, poi? Come si incontrano le persone a Napoli? Come si conoscono facce nuove? Come si fa a mettersi alla prova? Abbiamo mostre, in città? Il Pan? Mah, io ci sono andato parecchie volte, sembra un magazzino in fase di trasloco. La metro a che ora chiude a Napoli? Prima delle undici di sera. Funicolare, uguale. Roma e Milano accolgono meglio le esigenze di chi vuole vivere la città. È un dato di fatto, poche storie.
Nessuno vuole mangiare la pizza tutte le sere, a trent’anni, perché la pizza comincia a essere pesante la sera. Meglio barattarla per dei trasporti efficienti e fermento culturale. Quello che succede a Madrid, Parigi e Londra. Eppure, Napoli non ha proprio nulla da invidiare a queste capitali. Anzi, secondo me, in Italia è la città che ha più potenzialità, soprattutto per la sua bellezza e per il fatto che è tutta concentrata in poco spazio. Mi spiego meglio: a Napoli puoi raggiungere tutto in poco tempo. A Roma se vuoi fare un salto dall’Eur al Tufello devi circumnavigare il globo, più o meno. Milano è piccina, occhei, ma non è bella come Napoli. Però molti ragazzi che finiscono lì per lavoro, cominciano ad amarla per l’accessibilità della sua vita notturna, per l’efficienza e la bellezza dei suoi parchi, per gli stimoli continui che offre. Al momento, personalmente, non ho in programma migrazioni trans-italiche. Il mio lavoro è il mio cervello (cosa pericolosissima, ma vabbè, è andata così, non mi lamento). Il mio lavoro può farmi andare al mare mentre tutti lavorano. Il mio lavoro necessita di bellezza. E Napoli mi permette di nutrire la mia fantasia in ogni attimo. Il bello è che prima, almeno, gli emigranti spantecavano per la mancanza una volta che erano lontani. Adesso no. Questo è il dato triste.
Quando finisci per non rimpiangere, almeno un po’, il posto da cui sei partito, rischi di dimenticarti pure chi sei. E perché sei così. E questo Napoli non se lo merita. Io posso resistere ancora qui, pure tutta la vita, senza sforzo. Ma sono in minoranza. Niente niente che finiremo a vivere in trenta, quaranta, un giorno, in questa città, tra decenni, e ci conosceremo tutti tra noi. Una volta vecchi vivremo tutti insieme in una grande casa. Napoletani, e orgogliosi. Almeno, a vedere un lato positivo, si risolverà il problema del traffico.