Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Io, tra i superstiti di Napoli Mi nutro della sua fantasia

- di Marco Marsullo

Sono uno dei pochi superstiti, in città. No, non è una roba tipo The Walking Dead, non ci sono gli zombie o un’apocalisse di cui non sapevate niente. Parlo del fatto che io ancora vivo a Napoli, e del fatto che ho poco più di trent’anni e (ancora) non sono emigrato. E, sincero, non ci penso proprio ad andarmene. Occhei, ho un lavoro particolar­e, sono (relativame­nte) molto libero e viaggio tantissimo, faccio lo scrittore e l’Italia me la giro per fare le presentazi­oni da anni e anni.

Quindi, potremmo dire che emigro ogni settimana, o giù di lì. Il fatto è che a me piace molto vivere a Napoli. Amo anche Roma, Torino, Milano un po’ meno. E non è che amo Napoli per la mia famiglia o cose del genere, o per il mare, o perché la pizza come la fanno qui te la sogni. Si sopravvive pure senza queste cose (senza il mare un po’ meno). Ma gli ultimi dati in fatto di emigrazion­e giovanile sono impietosi: se ne vanno tutti. Solo io, ne conosco tantissimi. Praticamen­te tutti i miei amici lavorano e vivono fuori. Chi da anni, chi da poco. Chi è andato a studiare fuori, chi ha conosciuto una ragazza spagnola e ora vive a Londra (ah, l’amour), chi si è spostato a lavorare proprio «tra Roma e Milano» (come se esistesse un varco temporale che racchiude il vivere tra queste due metropoli, mah).

Il fatto strano, grave, è che questi amici non rimpiangon­o Napoli. Non fanno della distanza uno psicodramm­a; tornano a Natale qualche giorno, d’estate forse una settimanel­la, ma poi stanno bene dove stanno. E il ritornello è sempre lo stesso: si vive meglio fuori, a trent’anni. Non necessaria­mente all’estero, perché all’estero ci vanno in pochi. In ogni caso: stare a quattro ore e una manciata di minuti con l’alta velocità da Piazza Garibaldi, è rassicuran­te.

Il punto è che io conosco molto bene sia Milano che Roma, per fare un confronto. Non è solo una questione di maggiore domanda di lavoro. È una questione di offerta emotiva. Napoli è abbandonat­a, chiusa in se stessa, c’è poco movimento. I ragazzi dove escono la sera? Pensiamo a questo dato. Qui in città si parla solo di tre, quattro posti. Piazza Bellini, la Fonoteca (che è come dire: il Vomero), l’Arenile d’estate, poi? Come si incontrano le persone a Napoli? Come si conoscono facce nuove? Come si fa a mettersi alla prova? Abbiamo mostre, in città? Il Pan? Mah, io ci sono andato parecchie volte, sembra un magazzino in fase di trasloco. La metro a che ora chiude a Napoli? Prima delle undici di sera. Funicolare, uguale. Roma e Milano accolgono meglio le esigenze di chi vuole vivere la città. È un dato di fatto, poche storie.

Nessuno vuole mangiare la pizza tutte le sere, a trent’anni, perché la pizza comincia a essere pesante la sera. Meglio barattarla per dei trasporti efficienti e fermento culturale. Quello che succede a Madrid, Parigi e Londra. Eppure, Napoli non ha proprio nulla da invidiare a queste capitali. Anzi, secondo me, in Italia è la città che ha più potenziali­tà, soprattutt­o per la sua bellezza e per il fatto che è tutta concentrat­a in poco spazio. Mi spiego meglio: a Napoli puoi raggiunger­e tutto in poco tempo. A Roma se vuoi fare un salto dall’Eur al Tufello devi circumnavi­gare il globo, più o meno. Milano è piccina, occhei, ma non è bella come Napoli. Però molti ragazzi che finiscono lì per lavoro, cominciano ad amarla per l’accessibil­ità della sua vita notturna, per l’efficienza e la bellezza dei suoi parchi, per gli stimoli continui che offre. Al momento, personalme­nte, non ho in programma migrazioni trans-italiche. Il mio lavoro è il mio cervello (cosa pericolosi­ssima, ma vabbè, è andata così, non mi lamento). Il mio lavoro può farmi andare al mare mentre tutti lavorano. Il mio lavoro necessita di bellezza. E Napoli mi permette di nutrire la mia fantasia in ogni attimo. Il bello è che prima, almeno, gli emigranti spantecava­no per la mancanza una volta che erano lontani. Adesso no. Questo è il dato triste.

Quando finisci per non rimpianger­e, almeno un po’, il posto da cui sei partito, rischi di dimenticar­ti pure chi sei. E perché sei così. E questo Napoli non se lo merita. Io posso resistere ancora qui, pure tutta la vita, senza sforzo. Ma sono in minoranza. Niente niente che finiremo a vivere in trenta, quaranta, un giorno, in questa città, tra decenni, e ci conoscerem­o tutti tra noi. Una volta vecchi vivremo tutti insieme in una grande casa. Napoletani, e orgogliosi. Almeno, a vedere un lato positivo, si risolverà il problema del traffico.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy