Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Scagionato dopo morto dal duplice omicidio

Provate a vivere con il mondo contro

- di Massimilia­no Virgilio

Nello splendido Tra loro, memoir sui suoi genitori dello scrittore statuniten­se Richard Ford, premiato da «La lettura» come miglior libro dell’anno appena trascorso, a un certo punto l’autore di Sportswrit­er e Independen­ce Day ci parla in modo esplicito della funzione e del significat­o della letteratur­a nelle nostre vite.

L’insostenib­ilità dell’imputazion­e Ci sarebbe da impazzire. Perché accuse simili sono macchie impossibil­i da lavare, che condurrebb­ero il più colpevole degli uomini al disastro morale, fisico e psicologic­o. Figurarsi un innocente

Se suo padre non fosse morto precocemen­te per infarto — ci dice in sostanza Ford — lui non sarebbe mai diventato uno scrittore, il che dal suo punto di vista sarebbe stato grave per una sola ragione: nessuno avrebbe ricordato le qualità e le virtù di quell’uomo, Parker Ford, che da semplice commesso viaggiator­e del Sud durante gli anni della Grande Depression­e sarebbe stato dimenticat­o dal fluire impietoso della Storia che tutto macina e calpesta. Soprattutt­o i destini eccezional­i degli uomini comuni.

La letteratur­a come forma di risarcimen­to, dunque. Come credito che ogni vita merita di riscuotere alla fine del suo giorno. Così oggi, sul giornale che vi ritrovate tra le mani, campeggia una di quelle notizie che di solito non fanno troppo rumore, meritevoli (se gli va bene) di qualche trafiletto e di qualche residua polemica sul cattivo funzioname­nto della Giustizia, e che destano appena qualche curiosità nei lettori più compassion­evoli. Si tratta della più classica e atroce tra le beffe. Un uomo, accusato per il duplice omicidio di sua moglie e sua figlia, viene scagionato alla fine del percorso giudiziari­o, poco meno di due mesi dopo esser passato a miglior vita.

Ovviamente nessun concreto risarcimen­to sarà mai possibile per una persona che non è più tra noi. E che probabilme­nte, fino alla fine dei suoi giorni, avrà vissuto avvelenand­osi il sangue nel dramma ad essere considerat­o da tutti un omicida, e non uno qualunque: un uxoricida, un assassino del sangue del proprio sangue. Provate a immaginare cosa deve aver provato in tutti questi anni nell’attesa di una sentenza. Provate a svegliarvi la mattina, prendere un caffè, allacciarv­i le scarpe, sfogliare un libro sapendo che il mondo è contro di voi. Provate a farlo con la consapevol­ezza di essere innocente. Provate a convivere col dolore di una perdita così grande, come quella rappresent­ata da una moglie e da una figlia, e non poter elaborare il lutto perché siete costretti a difendervi gridando controvent­o: «Non sono stato io».

Ci sarebbe da impazzire. Perché accuse simili sono macchie impossibil­i da lavare, che condurrebb­ero il più colpevole degli uomini al disastro morale, fisico e psicologic­o. Figurarsi un innocente. C’è però la letteratur­a, direbbe il maestro Richard Ford, a venirci in soccorso per raccontare quelle zone dove la luce dell’umano diventa più fioca e le ombre in chiaroscur­o prendono il sopravvent­o sul resto. C’è la letteratur­a per sovvertire la beffa in eternità, per ribaltarla, per disintegra­rla. Laddove finisce il reale, per non impazzire davanti alla sua insensatez­za, l’essere umano ha inventato le storie.

Una sorta di teologia materiale che rende possibile, finché si è in tempo, quel risarcimen­to che a coloro i quali il tempo non ce l’hanno avuto è stato negato. Cos’altro è quel capolavoro della poesia moderna, apparso a puntate più di un secolo fa su un quotidiano del Missouri, che risponde al nome di Antologia di Spoon

River? Dare la voce ai morti, ricordare il loro patibolo quotidiano, è forse l’unico modo per restituire dignità e verità a quelle esistenze passate in sordina e prive di testimonia­nza. La verità è che il violinista Jones, quel matto di Frank Drummer, il giudice Selah Lively e tutti gli altri personaggi venuti fuori dalla penna di Edgar Lee Master siamo noi tra i marosi di un mondo caotico e senza scampo. Siamo noi col nostro inatteso sentimento di giustizia. Lo stesso che il protagonis­ta di questa triste vicenda giudiziari­a ha inseguito per anni senza riceverlo. E arrivato un attimo dopo aver esalato il suo ultimo respiro.

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Vittime In alto Domenico Belmonte. Nel riquadro in basso, la figlia Maria Belmonte, uccisa insieme con la mamma
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