Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Assistevano anziani deceduti Sotto «indagine» una coop sociale
Chiedeva il rimborso delle prestazioni. Dossier aperto dal Comune di Napoli
C’è il caso di una donna, la signora Pasqualina, morta il 18 dicembre, ma nonostante ciò risulta che sia stata assistita dagli infermieri anche dopo il decesso: lavaggi, pulizia personale, somministrazione di farmaci. C’è poi il signor Salvatore che invece si è trasferito a Parma il 13 novembre, per stare accanto ai figli e vivere la sua condizione di disabilità con meno preoccupazioni possibili. Eppure risultano visite domiciliari fino al 29 novembre: 13 giorni in più. Lavaggi vescicali chiesti e rimborsati, che risultano espletati da un’infermiera, praticamente ad un «fantasma» perché a quanto pare Salvatore non c’era più a casa e Pasqualina era invece morta, come risulta dal certificato.
Ma non è finita qui: nella lista delle spese da rimborsare per attività infermieristiche domiciliari risultano usati guanti in lattice, siringhe, mascherine, cotone idrofilo e cateteri che invece venivano «regalati» ai professionisti a domicilio direttamente dai pazienti. C’è qualcosa che non quadra nel lavoro svolto da una società consortile, la «Co.Ad», che ha vinto un bando assegnato dal Comune di Napoli per i servizi sanitari a domicilio da rendere a persone disabili e anziane, che non hanno possibilità economiche per potersi curare in strutture private, e si rivolgono per questo motivo al Comune, con domande inoltrate ai Servizi sociali o ai medici di base. La società finita nel mirino dell’assessorato al Welfare, opera nel distretto sanitario 28, sotto l’egida dell’Asl Napoli 1. Venerdì scorso, dopo l’apertura di un dossier interno negli uffici di Palazzo San Giacomo, è stata inviata una lettera ai responsabili della società che ha sede al Centro direzionale e lavora tra Chiaiano, Marianella, Piscinola e Scampia, e per conoscenza anche al dirigente del Distretto sanitario di competenza, il dottor Beniamino Picciano. È protocollata con il numero 138/18 e come oggetto ha la dicitura: «Articolo 8 del capitolato d’appalto».
Sei punti nei quali sono elencati una serie di prescrizioni e di violazioni alle regole che l’azienda ha sottoscritto per poter partecipare alla gara pubblica e «che potrebbero portare ad applicazioni di penali o eventuali conseguenze di carattere giudiziario». Innanzitutto l’assessorato contesta alla società i tempi di erogazione dei servizi «dopo la definizione del piano di assistenza individualizzato». In parole semplici, in 2 giorni massimo gli infermieri devono arrivare dal paziente e almeno in un caso «sono state attivate 4 giorni dopo». L’altra contestazione, alquanto singolare, riguarda proprio il «materiale» che la «Co.Ad» fornisce ai suoi infermieri. «Occorre dotare gli operatori di guanti, mascherine e di tutti gli altri dispositivi di protezioni previsti dalla norma e non richiederli invece all’utenza».
Agli infermieri inoltre mancano, così come si legge dalla nota di venerdì scorso, «attrezzature per la rilevazione dei parametri vitali, ovvero stetoscopi, sfigmomanometri, glucometri, saturimetri», oltre a «camici, cartellini di riconoscimento». Inoltre, come se ce ne fosse bisogno, il Comune ricorda che, prima di andare a casa delle persone, «bisogna concordarne l’orario il giorno prima», perché in un caso gli infermieri si sono presentati alle 20.
L’ambito La società nel mirino di Palazzo San Giacomo opera nel distretto sanitario 28
Addebiti Contestati i tempi di erogazione dei servizi Anche con 4 giorni di ritardo rispetto ai 2 chiesti