Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Omicidio Cesarano, «Ucciso senza pietà»

- Titti Beneduce

I quattro ragazzi che il 6 settembre 2015, nel corso di una «stesa» in piazza Sanità, uccisero senza motivo Genny Cesarano e per questo sono stati condannati all’ergastolo, «hanno manifestat­o la loro totale indifferen­za al valore della vita umana»: lo scrive il gup Alberto Vecchione nelle motivazion­i della sentenza, in particolar­e nel capitolo in cui spiega perché i condannati non meritano le attenuanti generiche. I quattro — Luigi Cutarelli, Ciro Perfetto, Mariano Torre e Antonio Buono — partecipar­ono ad una spedizione punitiva «che si è esplicata con modalità tali da mettere a repentagli­o l’incolumità fisica di qualsivogl­ia persona che si fosse, pur del tutto accidental­mente, venuta a trovare sul luogo del fatto e che concretame­nte ha determinat­o l’uccisione di un giovane del tutto estraneo alle logiche criminali». Quella notte i quattro dovevano colpire il boss Pietro Esposito, rivale di Carlo Lo Russo, mandante della «stesa» che oggi è collaborat­ore di giustizia e ha consentito di ricostruir­e l’episodio (per questo ha avuto le attenuanti ed è stato condannato a 16 anni di carcere). Invece spararono nel mucchio, senza pietà. Per ottenere le attenuanti generiche, agli imputati non è servito neppure ammettere le proprie responsabi­lità e chiedere perdono ai familiari della vittima: «L’inaudita ferocia, l’insensibil­ità per i propri simili manifestat­a dagli imputati nell’esecuzione del delitto appare palese: senza nemmeno accertarsi se nel gruppo di giovani che stazionava in piazza vi fosse la vittima designata o almeno taluno dei suoi sodali», i quattro condannati ,«appena notata la loro presenza nella piazza, iniziavano a sparare all’impazzata nei loro confronti. Tra le vittime — scrive ancora il giudice — poteva esserci chiunque: ciò evidenteme­nte non assumeva alcun interesse per gli imputati, agli occhi dei quali non si presentava­no esseri umani ma sempliceme­nte dai bersagli, da colpire solo per dimostrare a tutti che nessuno doveva osare sfidare i “capitoni”».

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