Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Accusato di aver ucciso moglie e figlia Per il gup è innocente. Ma lui è morto
Decisione tardiva per il dottor Belmonte. Anche la beffa: reato prescritto perché deceduto
Non ci sono prove per affermare che Elisabetta Grande e Maria Belmonte, madre e figlia scomparse nel 2004 e ritrovate otto anni dopo ischeletrite in un’intercapedine della loro villetta di Castelvolturno, siano state uccise: potrebbe essersi trattato di un doppio suicidio o di un omicidio-suicidio. Di conseguenza il dottor Domenico Belmonte, marito e padre delle due donne, non può essere condannato: lo ha stabilito il gup di Santa Maria Capua Vetere Emilio Minio, che ha anche prosciolto l’altro imputato, Salvatore Di Maiolo, marito separato di Maria.
Il riconoscimento, però, è arrivato troppo tardi: il dottor Belmonte era morto da poco meno di due mesi. E non è tutto, perché dalla sentenza, le cui motivazioni sono state depositate pochi giorni fa, arriva anche un’altra beffa: anziché assolvere l’imputato nel merito, il giudice ha dichiarato il non luogo a procedere per l’estinzione del reato dovuta alla morte di Belmonte. I suoi difensori, gli avvocati Carlo De Stavola e Rocco Trombetti, tra i pochissimi che abbiano sostenuto il dottore nella solitudine dei suoi ultimi anni di vita, impugneranno la sentenza: anche se è morto, ritengono, Domenico Belmonte, che è stato descritto da alcuni media come un mostro e un perverso bugiardo, ha diritto alla riabilitazione.
Quella della famiglia Belmonte è una vicenda intrisa di dolore. Originari di Catanzaro, Elisabetta e Domenico si trasferiscono a Napoli a causa degli studi di quest’ultimo, che prima si laurea in Medicina, poi comincia a lavorare nel carcere di Poggioreale fino a diventarne il direttore sanitario. Sia la donna sia l’unica figlia della coppia hanno gravi problemi psichici. Maria si diploma come infermiera e comincia a sua volta a lavorare nel carcere, dove conosce Salvatore. I due si sposano, ma già in viaggio di nozze emergono i problemi. La donna ha disturbi della personalità, è paranoide e depressa, viene più volte ricoverata; tenta il suicidio. Ha anche un rapporto difficile con la madre, che aggredisce e picchia, come la stessa Elisabetta scrive in un diario e racconta alle vicine di Castelvolturno: è qui, in una villetta sul litorale, che la famiglia si è trasferita da salita Sant’Antonio ai Monti, dove ha abitato per molti anni. Ogni tanto, però, Elisabetta e Maria tornano lì, nell’appartamento dei Quartieri spagnoli, e vi trascorrono brevi periodi. È anche per questa loro abitudine che quando le due donne scompaiono, nell’estate del 2004, Domenico Belmonte non si preoccupa e non denuncia. Il fatto è che non denuncerà mai, continuando a pagare l’affitto del locale in cui moglie e figlia avevano venduto detersivi, continuando a pagare le tasse dell’auto di Maria e la sua iscrizione all’albo degli infermieri.
Questa, secondo la Procura di Santa Maria Capua Vetere, era la prova della mala fede del dottore, che aveva ucciso moglie e figlia e ne aveva poi nascosto i cadaveri nella stretta intercapedine tra la villetta e il terreno. A segnalare la scomparsa delle due donne è il fratellastro di Elisabetta, che vive a Catanzaro; in seguito alle sue denunce scatta la perquisizione nella villetta e vengono trovati i due scheletri, accanto ai quali c’erano ciabatte, le chiavi di casa, farmaci. Belmonte viene arrestato, ma il Riesame annulla per carenza di gravi indizi e la Cassazione condivide la valutazione. Le cose, infatti, come si comprende dalle motivazioni della sentenza, quasi certamente sono andate in modo diverso. Il dottore pensava davvero che le due donne si fossero allontanate volontariamente e si vergognava all’idea di presentare una denuncia di scomparsa. Si sentiva in colpa per averle trascurate a causa del lavoro, che lo assorbiva molto, e considerava il loro allontanamento una giusta punizione.
Trascurato, malato, non aveva neppure fatto le pratiche per ottenere la pensione. Viveva in solitudine, con i risparmi messi da parte negli anni. Aveva mantenuto solo i rapporti con l’ex genero, che ogni tanto andava a trovarlo e gli faceva la spesa. «Aspetto solo di morire», disse una volta alla polizia.