Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Sarebbe stato giusto per la città dirgli addio nella sala dei Baroni
Giuseppe Galasso è stato davvero una figura singolare nel panorama culturale e politico napoletano, italiano e internazionale. Era innanzitutto un nome, un grande nome nel campo privilegiato della sua vita: la storia.
Ma forte era anche la sua passione per la politica. In tutti e due questi ambiti - la cultura e la politica - era mosso da una insaziabile curiosità, nel senso più alto e nobile di questo termine per le idee, per i fatti, per le persone: per la grande storia e per la storia minuta, per la grande politica e per la vita quotidiana.
Nel determinare queste caratteristiche del suo pensiero e della sua azione influiva molto, credo, l’origine sociale: «Ho fatto lo sguattero, il facchino e l’aiutante del militari francesi e americani», ha ricordato sorridendo.
Si è fatto da solo, senza eredità paterne, la sua biblioteca costruita libro su libro prima a Napoli e poi nella sua casa di Pozzuoli. Sapeva dunque bene che lo studio è rigore, che la politica è serietà, che i riconoscimenti veri si conquistano con la fatica e con le proprie forze.
Davvero un bel tipo, colto e semplice, severo e bonario, napoletano in ogni fibra e profondamente europeo. Nessuno meglio di lui sapeva che la nostra città da sempre riesce a dare il meglio di se stessa quando si apre al mondo e il peggio quando si chiude provincialisticamente in se stessa.
Anche per questa apertura mentale ha saputo guardare con occhi giusti, da uomo di governo, a temi delicati come il paesaggio e i beni culturali e ambientali visti come un vero patrimonio dall’umanità. Se dovessi segnalare alcuni nomi di italiani e di meridionali che si sono distinti all’attenzione per il territorio non avrei dubbi, direi Fiorentino Sullo e Giuseppe Galasso.
Infine, un ricordo. Alcuni anni fa in modo del tutto casuale ho incontrato Galasso ed altri intellettuali ed amici. Poi gli incontri diventarono periodici e ci si scambiava opinioni sui principali avvenimenti culturali e politici. Sarà stato il caso oppure la comune volontà di conoscerci meglio certo è che riuscivamo sempre a ritrovarci, seduti o in piedi, l’uno di fronte all’altro e le conversazioni erano belle e stimolanti. Poi ad un certo punto questa consuetudine si interruppe per ragioni indipendenti dalle sua e dalla mia volontà. Ecco, non so a lui ed a altri amici ma a me è dispiaciuto assai e da allora mi è mancato qualcosa, sono venuti meno stimoli e sollecitazioni su cui continuare a riflettere anche nei giorni successivi.
È stato con questo rimpianto che gli ho fatto gli auguri per il compleanno lo scorso novembre. Forse non siamo più in tempo per dare l’ultimo saluto a Giuseppe Galasso nella sala dei Baroni del Maschio Angioino: sarebbe (stato) giusto, per lui e per Napoli. Un bacio, Peppino.