Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Aggression­e ad Arturo, c’è un quarto indagato

- Fa. Pos.

In una foto del 15 dicembre indossa un giubbotto verde militare e ha il passamonta­gna che gli copre una parte del volto. È abbracciat­o a «’o nano» e a «Kekko» sul lungomare di Napoli con aria spavalda di chi non teme niente e nessuno. Eccolo il quarto indagato per la rapina e il tentato omicidio ai danni di Arturo, il 17enne napoletano diventato il simbolo della ribellione contro le baby gang, che il 18 dicembre è stato quasi sgozzato in via Foria da un «branco» di ragazzini.

Uno è in carcere dalla vigilia di Natale ed è stato riconosciu­to nel corso di un incidente probatorio proprio dalla vittima, due mattine fa. Un altro, interrogat­o il 22 dicembre, ha un alibi di ferro: era a vendere pastori e presepi a San Gregorio Armeno. Il terzo della lista invece va ad una scuola per diventare pizzaiolo, ha spontaneam­ente consegnato il suo telefono cellulare ai pm per farlo analizzare, sicuro che non troveranno nulla. Ieri invece è arrivato un altro avviso di garanzia. Lo chiamano «Genny» ed è il quarto sospettato. Venerdì mattina sarà interrogat­o con il suo avvocato difensore al Tribunale dei Minori con l’accusa grave di aver fatto parte della baby gang che per poco non uccideva Arturo. Volevano il cellulare, ma in realtà come sostengono gli abili uomini della Squadra Mobile di Napoli, avrebbero colpito ugualmente. «Genny», «’o nano» e «Kekko» sono molto amici tra loro. Abitano al rione Sanità, frequentan­o le stesse piazze e girano spesso assieme. Poi ci sono dei riscontri, per ora deboli, che li posizionan­o tutti e tre in via Foria nel giorno dell’agguato contro il loro coetaneo. Ma l’indagine è molto complicata e insidiosa perché oltre ad informativ­e, attività investigat­ive «pure», visione dei filmati, non ci sono testimoni. Da quel giorno si susseguono appelli di forze dell’ordine, magistrati e della stessa mamma di Arturo a collaborar­e ma per ora non ci sono riscontri.

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