Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Dalle locande con i letti duri ai grandi hotel del lungomare L’
La giapponese Ewa Kawamuri pubblica la storia degli alberghi di Napoli
Un tema da voi poco studiato Avete troppi siti culturali Invece anche in questo settore ci sono vicende significative
Passato Durante il Rinascimento i ristori più frequentati erano concentrati specialmente in Rua Catalana Questo fin dai tempi di Boccaccio
imprinting è quello dell’alberghi storici. In giro per il mondo, fin da quando era bambina, con la famiglia che viaggiava anche e soprattutto in Italia. Così se chiedete a Ewa Kawamuri, docente di storia dell’architettura a Tokyo ma per anni a Napoli, allieva di Giancarlo Alisio e Alfredo Buccaro, il perché di quella ricognizione storica capillare sulla storia degli edifici deputati all’ospitalità, vi risponderà, in un italiano che non fa un plissé, che gli alberghi sono una passione da sempre. Tanto da scriverci libri. L’ultimo: Storia degli alberghi napoletani. Dal Grand Tour alla Belle Époque nell’ospitalità della Napoli gentile, Clean Edizioni, che stamattina, alle 10.30, presenterà al Grand Hotel Parker’s insieme con Francesco Barbagallo, Alfredo Buccaro, Mauro Giancaspro e Fabio Mangone moderati da Pier Luigi Razzano.
Che Napoli, capitale del Regno, fosse tappa irrinunciabile per i viaggiatori stranieri dall’epoca del Grand Tour fino ai giorni nostri è cosa nota. Meno, forse, la panoramica che la Kawamura, autrice peraltro di Alberghi storici dell’isola di Capri. Una storia dell’ospitalità tra Ottocento e Novecento, del Quisisana. Biografia del Grand Hotel di
Capri e di diversi saggi sulla storia del turismo e dell’architettura, ci offre attraverso un saggio puntuale, corredato da un ricco e raro apparato iconografico, sugli alloggi dei forestieri, dal Cinquecento fino al Novecento: puntando la ricerca su affittacamere, locande, pensioni, alberghi e grand hotel.
Che cosa l’ha colpita di più in questo poderoso lavoro sulla città? «Il cambiamento progressivo, nel tempo, delle zone e strade dove erano concentrati gli alberghi. Dalla zona più vicina al porto, per intenderci, con i primi alloggi oggi scomparsi ma in alcuni ancor presenti nei ricordi cittadini e presso le Porte della città, alla proliferazione dell’edifici dedicati all’ospitalità nella zona litoranea, il lungomare». Scopriamo così che durante il Rinascimento le locande più frequentate erano concentrate specialmente in Rua Catalana. Ce lo documenta «una notizia del Trecento e tramandata da Giovanni Boccaccio, che descrisse una locanda attiva in “Ruga Catalana”(la stradina vicino al molo, non lontano da dove il Boccaccio lavorò a Napoli, tra gli anni 1325-1340, come apprendista bancario della succursale dei Bardi nell’episodio di “Andreuccio da Perugia venuto a Napoli”del“Decameron” (1349-52)».
Quando ha iniziato la ricerca? «Oltre 15 anni fa, quando, specialmente in Italia, la storia dell’architettura alberghiera era stata abbastanza ignorata perché offuscata dalla grande ricchezza dei monumenti storici ed ecclesiastici e dei prestigiosi palazzi nobiliari». Dove nasce l’idea? «Dall’impressione suscitata dai ruderi delle antiche fabbriche abbandonate, alcune delle quali subirono poi una trasformazione per essere destinate ad altro scopo; compreso anche alcuni grandi alberghi che con il tempo diventarono solo delle rovine». Quattro secoli di storia di una della capitali per eccellenza del turismo analizzando diverse tipologie di residenza: «dai letti meschini e duri» secondo la testimonianza seicentesca di Jean-Jacques Bouchard, un viaggiatore parigino, all’insediamento nei palazzi civili o nobiliari e alla costruzione exnovo di fastosi grandi alberghi. Nel volume sono indicate le dimore di centinaia di ospiti illustri dal Boccaccio al filosofo tedesco Hans-Georg Gadamer. Una ricerca esaustiva? «Non credo di aver esaurito l’argomento. Ci sarebbe ancora un’ estesa possibilità di studio per Napoli. Il mio scopo era quello di compiere una panoramica su quattro secoli della storia degli alberghi napoletani, partendo in modo particolare dalla fine del Settecento ed estendendola fino agli inizi del Novecento». Quella che emerge è la storia appassionante e sconosciuta su ospitalità, architettura e urbanistica. Su quali fonti si è basata? «Su quelle letterarie, in special modo sulle numerose descrizioni di viaggio, varie guide dell’epoca in diverse edizioni, riviste mondane e architettoniche, giornali e fonti archivistiche del Banco di Napoli e dell’Archivio di Stato di Napoli. E poi sulle fonti iconografiche custodite in diverse biblioteche e archivi e sulle principali cartografie napoletane dell’epoca. Edite e inedite». Sta già lavorando ad altro, sul genere? «Sì. Proseguirò la ricerca sulla storia dell’ospitalità in Costiera».