Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Viaggio tra i trentenni che salvano il rione Sanità
Viaggio tra chi ha scelto di restare e di cercare nuove vie di riscatto per il rione
Un paio di giorni fa, sul Frecciarossa MilanoRoma, ho conosciuto un giovane gallerista brasiliano che mi ha raccontato di essere diretto a Napoli: «questa volta vengo a visitare per una settimana solo il Rione Sanità». La Sanità sta vivendo un periodo di rinascita culturale e di sviluppo, come mai era avvenuto negli anni passati. Qui hanno girato i Manetti bros il loro ultimo film Ammore e malavita, qui l’anno scorso si è tenuto un pezzo significativo del Festival di Sky Arte.
Cosa sta succedendo in questo storico rione, luogo di salubrità e magia, di sopra e sotto, di vita e morte? Si comprende subito che la rinascita e la rigenerazione del quartiere (la parola rinascimento la lasciamo ad altri) sono spinte dal basso, dalle energie di associazioni, cooperative, fondazioni che da anni si prendono cura del territorio. E in particolare da una generazione di trentenni, che hanno scommesso sul loro futuro qui a Napoli. Lo chiedo a Gaetano Balestra, 38 anni, presidente di cooperazione San Gennaro, che è l’associazione che raggruppa il no profit del rione: «La rinascita del quartiere è visibile sotto ogni punto di vista: culturale, sociale, economico, educativo. C’è ancora tantissimo da fare, ma le associazioni e cooperative si sono rimboccate le maniche e stanno comprendendo che la possibilità di cambiamento è reale».
Anche Stefano Fusco, 31 anni, socio dell’associazione Verginisanità, è d’accordo: «Il quartiere Sanità ha una fortusocio na come pochi altri quartieri di Napoli, ovvero di avere una serie di beni culturali e ambientali che coprono interi periodi storici: gli ipogei greci, l’acquedotto augusteo, le catacombe, i meravigliosi palazzi barocchi. Nonostante questa enorme presenza il quartiere non riesce a innescare un meccanismo virtuoso di economia turistica perché mancano quegli interventi che possano aiutare e favorire questo processo».
L’associazione Verginisanità è proprio un bel modello di organizzazione dal basso e di amore per il proprio territorio, dal loro sito si legge che sono nati «nel 2010 con l’intento di promuovere la realizzazione di progetti integrati finalizzati al recupero ed alla riqualificazione del contesto urbano compreso tra il Borgo dei Vergini e il Rione Sanità». Dal 2014 gestisce il sito archeologico dell’Acquedotto Augusteo del Serino, nei sotterranei del palazzo PeschiciMaresca, di proprietà dell’Arciconfraternita dei Pellegrini.
Forse la più nota storia di rigenerazione del quartiere è quella delle Catacombe di San Gennaro e San Gaudioso. Me lo racconta Enzo Porzio, fondatore e responsabile comunicazione della cooperativa La Paranza che si occupa delle visite guidate delle catacombe: «Iniziammo per gioco, in modo amatoriale. Eravamo giovanissimi con una domanda: cosa faccio da grande? O meglio, da grande cosa posso fare a Napoli?».
I numeri dei visitatori hanno dato ragione ai ragazzi della cooperativa: «siamo passati da ottomila visitatori all’anno a 104 mila! Ma anche la cooperativa è cresciuta: all’inizio eravamo cinque pazzi e oggi siamo 27 dipendenti regolarmente stipendiati». Non posso non chiedere a Enzo delle notizie di cronaca nera legate al quartiere, gli domando se cultura e turismo siano sufficienti per liberare la Sanità di questa zavorra: «è una domanda troppo complessa. Le strade del Rione Sanità oggi sono molto più sicure rispetto a qualche mese fa, è arrivata la videosorveglianza e le forze dell’ordine sono presenti. Ora bisogna pianificare, prevenire e creare opportunità per i giovanissimi».
Mi resta un’ultima domanda per Ivo Poggiani, 33 anni, presidente della III Municipalità dal 2016: cosa serve alla Sanità per incanalare questa energia che viene dal basso e che non chiede nulla alla politica, se non la gestione dell’ordinario? «Non credo nelle risposte immediate», mi risponde Ivo. «Non esistono. Prendi il caso delle “baby gang”. C’è chi dice che la soluzione è abbassare l’età punibile. Forse è soluzione “elettorale” per placare la pancia dell’elettorato. L’unico modo per affrontare il problema però è puntare sui processi a medio e lungo termine. Chi è venuto prima di noi ha piantato un seme e lo ha innaffiato. A noi tocca far crescere l’albero forte». In realtà tocca a tutti noi farlo, perché c’è sempre un gallerista brasiliano pronto a darti una lezione sulla Napoli che valorizza le sue bellezze e il suo patrimonio.