Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Lo Stabile punta su Israele con «La banalità dell’amore»
Al Mercadante in scena un testo della scrittrice ebrea tedesca Savyon Liebrecht In scena la storia fra il filosofo Martin Heidegger e la sua allieva Hannah Arendt Al centro della vicenda la complessa relazione amorosa e intellettuale fra i due
Un ponte artistico fra Napoli e Israele. È quello lanciato dallo Stabile verso la cultura ebraica, sulla quale il direttore artistico Luca De Fusco punta molto, anche come cardine della produzione internazionale del Mercadante. A partire dai tempi in cui dirigeva anche il Teatro Festival, con la presenza in rassegna di coreografi come Rami Be’er, Dafi Altabeb e Noa Wertheim, poi collaboratore in suoi spettacoli come l’«Orestea» assieme a un altro artista di Gerusalemme come il musicista Ran Bagno.
Stavolta tocca a Savyon Liebrecht, scrittrice ebraico tedesca, nata a Monaco ma residente sin da bambina a Tel Aviv, autrice del testo teatrale che debutta in prima nazionale stasera al Mercadante, «La banalità dell’amore» (parafrasando «La banalità del male» in cui la scrittrice Hannah Arendt descriveva il processo al nazista Eichmann).
Al centro della vicenda la complessa relazione amorosa e intellettuale fra la stessa Arendt e Martin Heidegger, un rapporto sbilanciato, vista la passione dell’ex studentessa per il suo maturo professore all’Università di Friburgo, e la consuetudine di questi a cambiare più amanti, senza mettere in discussione il suo matrimonio con Elfride Petri. Ma a Savyon Liebrecht sta a cuore soprattutto l’incontro-scontro fra un’intellettuale ebrea, fuori dagli schemi delle sue origini e un pensatore vicino al nazismo, deciso a non rinnegare le sue posizioni anche dopo la fine della guerra, imputando agli stessi nazisti il tradimento di quell’ideale.
«Questo progetto – spiega De Fusco – proposto dal regista Piero Maccarinelli, doveva realizzarsi già per il Teatro Festival. Poi avendo scelto come protagonista Anita Bartolucci, visti i suoi impegni, siamo riusciti a completarlo solo adesso».
«Nel mio allestimento – aggiunge Maccarinelli - esiste un’azione mentale e una reale, divisa fra il rifugio di Raphael Mendelsohn, studente innamorato, ma non ricambiato, di Hannah, dove si consumò la relazione proibita con Heidegger, e la casa americana dove la donna visse dopo la guerra, il tutto co- struito con andamento circolare fra dialoghi e flashback».
«Ci sono voluti dieci anni – conclude l’autrice – per vedere la mia pièce in scena in Israele, viste le tante critiche di Hannah alle scelte dei dirigenti ebrei ai tempi della Shoah. Ma quello che più mi ha intrigato è evidenziare la relazione sbilanciata fra gli ebrei tedeschi e la cultura germanica, di cui si sentono portatori, qui simboleggiata dall’amore a due misure fra il filosofo e la sua allieva». In scena anche Claudio Di Palma, Giacinto Palmarini e Federica Sandrini.