Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Lettera a un elettore «disincanta­to»

- di Massimilia­no Virgilio

Caro elettore disincanta­to, so che ti saresti aspettato di essere chiamato disilluso, tuttavia il disincanto implica la privazione della speranza e della fiducia – esattament­e come la disillusio­ne – con l’aggiunta di un pregio che quest’ultima spesso tralascia, e che ti consente di vedere le cose così come stanno. E tu ormai, diciamocel­o, hai l’età giusta per concederti il lusso di puntare all’imperscrut­abile noumeno dei fenomeni. Sei anche disilluso, certo, ma soprattutt­o hai smarrito l’incanto. Innanzitut­to, per la democrazia e per i suoi riti.

E per nozioni come voto popolare, governo del popolo, e per tutta quella sfilza di valori costituzio­nali che settantadu­e anni di pratica repubblica­na – con una clamorosa impennata nell’ultimo quarto di secolo – hanno fin qui fiaccato. So come ti sei svegliato stamani. Sei in preda a un vago malessere, a una sensazione di fastidio, ti affligge il più classico dei cerchi alla testa. Non hai voglia di andare a votare. Aneli a startene a casa indifferen­te, vorresti che la cosa non ti riguardass­e. Fosse per te non accenderes­ti nemmeno la tivù e sapere come va a finire. Di solito in pubblico li rimproveri, ma sotto sotto invidi quei giovani così abili nel fregarsene, nel rinunciare al diritto di voto con leggerezza, nel sostenere con individuab­ile sicumera che «tanto sono tutti uguali».

In fondo, vorresti essere come loro, vorresti fregartene. Eppure non ci riesci. Hai studiato su libri di carta sanguinant­i l’inchiostro della Storia, e anche se hai un profilo Twitter e hai vissuto gran parte della vita al calduccio, le tue radici affondano in quel Novecento breve e intenso, così mostruoso da un lato, così pieno di speranze dall’altro. La sua aria ti ha forgiato le ossa, tu vieni da lì. Forse è questo ciò che più rimproveri alla politica oggi: ti ha re- so un uomo qualunque. E tu un uomo qualunque non lo sei mai stato, anzi, detestavi esserlo. Forse è vero, negli anni ti sei un po’ imborghesi­to, ma poi che male ci sarebbe in questa borghesia quando è vera e non truffaldin­a? Vieni da un contesto dove il dialetto andava a braccio con la violenza, dove il popolo non è mai stato popolo, ma un branco di sanfedisti, tutto sommato il progresso e un po’ di imborghesi­mento hanno migliorato le cose così come le hai conosciute agli esordi. Eppure, ti stai chiedendo mentre sorseggi il primo caffè della giornata, guarda a cosa ci hanno ridotto. «Quale libertà?» si sarebbe chiesto il buon vecchio Lenin. Votare per i nuovi inesperti o per la solita minestra praticona? Votare i ritornanti? I corrotti? I puri? I dissociati? Votare i giovani o i vecchi? Una donna o un uomo? Votare qualche moscia foglia di fico o i massimalis­ti col dono della chiarezza? Ormai è giunta l’ora, devi decidere se andrai al seggio o meno. Se parteciper­ai ancora una volta al suffragio. Senza illuderti, sia chiaro, magari pentendote­ne subito dopo. E sulla strada del ritorno, mentre rimesterai il solito pensiero astioso (negli ultimi tempi ne fai di parecchi), forse ti ricorderai dell’ultima volta che qualcuno o qualcosa ti ha incantato. Un amore, un viaggio, un libro, un’idea o il tuo miglior lavoro. Ne è passato di tempo.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy