Corriere del Mezzogiorno (Campania)
NOSTRO PADRE E LE ELEZIONI, NOTTI INSONNI E GRANDE INTUITO
Il 4 marzo si sono svolte le elezioni per il rinnovo della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.
Quello con le elezioni è sempre stato un appuntamento pieno di interessanti risvolti nella nostra famiglia, sin da quando eravamo bambini o adolescenti, da quando, insomma, nostro padre aveva iniziato a prendere parte attiva nella vita politica, prima della nostra città e poi sulla scena nazionale. Tra i tanti ricordi, le campagne elettorali che allora si facevano in modo del tutto diverso da oggi. L’organizzazione del cosiddetto «materiale elettorale», manifesti, volantini, bigliettini e, soprattutto, i grandi comizi in piazza o nei cinema. Per noi ragazzini era tutto tra l’eccitante e lo stupefacente. Ci chiedevamo, si riempirà una piazza così grande? Le lunghe file di tabelloni metallici con i manifesti con i volti dei candidati - hanno ricoperto tutti i manifesti di papà! - commentavamo un po’ delusi. La sua capacità oratoria, tre discorsi diversi, a braccio, nella stessa giornata. Il telefono di casa che non smetteva mai di squillare. La sua piccola agenda, qualche appunto in tasca: ricordava tutto. Tra i compiti a noi riservati, la dettatura degli articoli a La
voce Repubblicana o ad altri giornali, un compito che ci faceva sentire molto importanti.
E poi le notti insonni in attesa dei risultati trascorse nelle diverse sedi dei comitati elettorali che si sono succedute negli anni, l’apprensione di noi tutti della famiglia e dei presenti. Il nostro stupore per la velocità con cui nostro padre faceva i calcoli man mano che dalle diverse sezioni arrivavano i risultati, la sua conoscenza puntuale del territorio. Pur con le nostre diverse sensibilità e le diverse sfumature di pensiero, non ci era difficile trovare le giuste motivazioni per il nostro orientamento politico e non solo perché si trattava di nostro padre. C’erano, per fortuna, «solidi motivi» per non fargli mancare il nostro incondizionato sostegno. Quando ne abbiamo avuto il legale diritto, non abbiamo mai dovuto faticare o tentennare nell’apporre la fatidica crocetta. Bei tempi si potrebbe dire, fino al dispiegarsi davanti a noi delle fosche prospettive degli anni Novanta e dei noti avvenimenti da allora susseguitisi. Da quel momento in poi, anche il nostro modo di vivere le elezioni è mutato radicalmente, sia per il venir meno del mondo cui facevamo riferimento, sia, e ancor di più, per la scelta di nostro padre di non fare più la politica attiva. Ciò, ovviamente, non significò affatto che fosse scomparso in lui l’interesse per la politica, che anzi, si era solo modificato, il suo approccio alla questione si era, come si sa, orientato verso il giornalismo e la critica politico-sociale. Il meridionalismo e i problemi del Mezzogiorno in specie in relazione alle politiche nazionali, fra le mille altre cose in cui si impegnava, sono rimasti al centro delle sue preoccupazioni, dei suoi studi e dei suoi interessi. Non è mai mancata, quindi, materia di riflessione, discussione e, spesso, anche di animate dispute. Queste preoccupazioni non lo hanno più abbandonato negli ultimi venti anni, ne è testimonianza la sua copiosa produzione giornalistica. Purtroppo, i risultati del 4 marzo sembrano aver in qualche modo confermato in pieno la fondatezza delle sue apprensioni, quanto fosse lucida la sua analisi e lungimirante la sua visione. Come d’abitudine, alle prime proiezioni ciascuno di noi ha avuto l’impulso di chiamarlo. Questa volta, però, non abbiamo potuto commentare i risultati con lui e non abbiamo neppure potuto dargli ragione. Ancora una volta il nostro modo di vivere le elezioni è mutato radicalmente.