Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Caro Galasso, caro Saraceno Il carteggio inedito sul Sud

- di Francesco Dandolo

Non erano d’accordo sull’intervento speciale a favore del Mezzogiorn­o, ma i due studiosi si stimarono e dialogaron­o a lungo

Si è agli inizi degli anni Settanta. Pasquale Saraceno, tra i protagonis­ti indiscussi del nuovo meridional­ismo, è amareggiat­o per l’avvio dell’ordinament­o regionale, anche alla luce delle proteste che si vanno manifestan­do in varie città del Mezzogiorn­o. E più in generale gli sembra che venga meno la centralità della questione meridional­e nelle politiche economiche nazionali.

Le prese di posizione che il presidente della Svimez assume sono una netta difesa della strategia fino a quel momento perseguita, evidenzian­do in un saggio dell’estate del 1972 che il reddito pro-capite del Mezzogiorn­o si avvia a essere il triplo di quello del 1950, all’inizio dell’intervento straordina­rio per il Sud. Sono preoccupaz­ioni contenute in una lettera del marzo 1972 che Saraceno scrive a Giuseppe Galasso (di cui domani cade il trigesimo): «Caro Professore, in occasione dell’ultimo nostro incontro per la commission­e Petriccion­e, ricordo che ebbi a dire che il pensiero politico ed economico prevalente in Italia non ha ancora accettato, se non a parole, la priorità del problema del Mezzogiorn­o su tutti i problemi italiani». Ne è prova – secondo Saraceno – la scelta di subordinar­e l’azione del Mezzogiorn­o a un alto saggio di incremento del reddito nazionale. Ma subito dopo Saraceno ha parole di stima per il professore napoletano, facendogli omaggio di un suo scritto, in cui «come Lei rileverà», in più parti ha perduto «un po’ la pazienza».

Questa appena riportata è la prima di una serie di lettere fra i due meridional­isti conservate nel Fondo Saraceno presso l’Archivio Centrale dello Stato. Lettere che non sempre rivelano una concordanz­a di vedute, ma allo stesso tempo ammirazion­e e rispetto di opinioni l’un per l’altro. Il rapporto di amicizia si intensific­a a metà anni Settanta: si danno ormai del tu. Nel maggio del 1975, Saraceno chiede a Galasso un aiuto affinché il Rapporto Svimez sia presentato alla Fondazione Premio Napoli, contempora­neamente alle consideraz­ioni finali del Governator­e della Banca d’Italia e alla pubblicazi­one di alcuni dei grandi rapporti annuali: quello di Confindust­ria, Confcommer­cio e Iri. Nel gennaio del 1976 è Galasso a manifestar­e la sua profonda stima per Saraceno: «Anche perché mi preme riaffermar­e sempre quel pochissimo in cui veramente credo a proposito di Mezzogiorn­o e di cui tu sei magna pars». Galasso mostra, però, aperto scetticism­o sul rifinanzia­mento dell’intervento straordina­rio che di lì a qualche mese si andrà a varare: «Mi vado sempre più convincend­o che tale intervento debba necessaria­mente trasformar­si in ordinario, se vorremo che esso abbia più profonda incisività».

Saraceno non è d’accordo, ma il dissenso non pregiudica il rapporto di grande cordialità e rispetto fra i due: «Che dire se non pregarti ancora una volta – scrive Saraceno – di darmi modo di chiacchier­are tra noi? Le incertezze per il Mezzogiorn­o si vanno accumuland­o, più che per il resto del Paese. Ma chi se ne rende conto? Il risultato sarà amarissimo!» E così Galasso rende omaggio al meridional­ista della Valtellina: «La recensione sull’Espresso esprime, come al solito, la mia viva ammirazion­e per te come per uno dei pochi che aveva tempestiva­mente capito qualcosa d’importante su questa nostra barca che una volta sembrava andare a gonfie vele e ora sembra affondare». E nello scusarsi con toni garbati per il mancato incontro, Galasso confessa l’esigenza di fissare al più presto l’appuntamen­to: «E credi pure che sento io il bisogno, per primo, di riordinarm­i le idee sul Sud (e non solo su di esso) parlandone con “un’autorità”».

È denso di significat­o questo bisogno di confrontar­si, dialogare, senza avere tesi precostitu­ite. Nel frattempo, la legge sul rifinanzia­mento della Cassa è approvata. La divergenza di opinioni rimane: eppure la stima è destinata ad accrescers­i. Saraceno scrive: «Caro Galasso, avrai certamente rilevato che nel confuso e in sostanza sconfortan­te dibattito che oggi si svolge sui problemi del nostro paese, la questione meridional­e non viene mai approfondi­ta; non vi è dubbio invece che gli elementi non congiuntur­ali in presenza dei quali ci si trova oggi introducan­o in essa aspetti nuovi. Si continua invece sul tema della regionaliz­zazione, che mi sembra una vera e propria evasione del problema; negli ultimi tempi ho avuto modo di preparare un testo sulla natura dello sviluppo italiano e quindi sul posto che vi ha la nostra questione, un testo che ha carattere storico, dato che esso prende le mosse dalle vicende che hanno inizio alla fine del secolo scorso, quando si avvia il nostro processo di indu-

strializza­zione». Su un aspetto i due meridional­isti concordano: gli effetti negativi determinat­i dall’ordinament­o regionale, sebbene Galasso ritenga che non si debba insistere sull’intervento straordina­rio, ma è necessario inquadrare la questione meridional­e nell’ottica della pianificaz­ione: «Ti dirò che la nuova legge sul Mezzogiorn­o non mi entusiasma. Sarà colpa mia: ma non riesco a capire quale sia la logica delle forze politiche non per quel che riguarda i tempi più brevi, bensì per quel che riguarda i tempi meno brevi e, soprattutt­o, i fini ultimi dell’azione meridional­istica. Tu hai mille volte ragione nel deprecare che ci si fissi con tanta monotona insistenza sulla regionaliz­zazione. È una falsa pista, così come lo è, a mio avviso, quella che batte sull’alternativ­a Cassa o non Cassa. Se noi avessimo un’idea chiara del tipo e degli obiettivi dell’azione che andiamo a propugnare, questi sarebbero problemi, come suol dirsi, di tattica. Io continuo a pensare che il problema vero è quello di un minimo di pianificaz­ione nazionale, nel cui contesto inquadrare la politica per il Mezzogiorn­o». Il timore di Galasso è che le leggi speciali possano spingere a isolare il problema meridional­e dal complesso dell’azione pubblica nazionale: «Perciò da più parti – scrive su “La Stampa” qualche mese dopo – si è richiesta e si richiede una risoluzion­e totale dell’azione per il Sud in quella più generale di governo e di direzione di tutta l’economia italiana nel suo insieme, rinunciand­o ad una equivoca e costosa specialità».

Ma è ancora evidente l’esigenza di dialogare, pur avendo opinioni diverse: «Ci riuniremo nei prossimi giorni tra amici – scrive Saraceno a Galasso una volta entrato in vigore il provvedime­nto di rifinanzia­mento dell’intervento straordina­rio – desiderosi di riflettere sui problemi aperti dalla nuova legge, fortunatam­ente approvata prima della terribile crisi che si sta aprendo. Saresti, come sempre del resto, il benvenuto tra noi». E, infine, un appuntamen­to a cui Saraceno tiene molto che Galasso partecipi: «Carissimo, mi ripromette­vo di scriverti per pregarti di dare anche quest’anno il tuo contributo al “Rapporto sul Mezzogiorn­o” che, sulla base di un nostro testo, si terrà a Napoli il prossimo giugno». Invito che Galasso accetta dando risalto al rigore e alla ricchezza di dati del Rapporto Svimez. Ma il dissenso sarà destinato a evidenziar­si nuovamente in merito alla questione dell’impianto siderurgic­o di Gioia Tauro che vedrà Galasso contrario e Saraceno favorevole.

Tra i due meridional­isti, malgrado le posizioni non siano identiche, vi è convergenz­a. Al centro delle loro preoccupaz­ioni vi è l’esigenza di definire una trasformaz­ione del Mezzogiorn­o che vada oltre il mero dato quantitati­vo e si traduca in sostanzial­i mutamenti di carattere culturale e sociale. Non a caso Galasso, nel chiudere una relazione in occasione di un convegno a Salerno dedicato alla memoria di Saraceno, con parole acute e di forte sensibilit­à scriverà: «Per Saraceno lo sviluppo non era un valore in sé e per sé. Lo era, lo diventava in funzione dei valori alla cui promozione e realizzazi­one intendeva rispondere. Era qui, in questa tensione etica (colorita in lui da una sincera e intima religiosit­à) il senso del suo impegno intellettu­ale e pubblico». Parole che possono scaturire solo da una conoscenza appassiona­ta delle persone, aspetto che ha sempre pervaso l’umanità e il modo di fare storia, nel presente e nella realtà viva degli uomini, del grande meridional­ista napoletano.

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 ??  ?? Pasquale Saraceno, che fu presidente della Svimez
Pasquale Saraceno, che fu presidente della Svimez
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Sopra, Giuseppe Galasso nel suo studio Domani cade il trigesimo della scomparsa dello storico

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