Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Così immagino (e racconto) Dio e il Diavolo

- di Marco Marsullo

«Due come loro» (il mio nuovo romanzo da oggi in libreria) nasce da una voglia, e da una scommessa feroce. La voglia è stata quella di raccontare una storia che avevo in mente da tanti anni, quella di Shep, un uomo vicino ai quaranta, che lavora per Dio e il Diavolo, si occupa degli aspiranti suicida e fa il doppio gioco con i creatori del bene e del male.

La voglia di descrivere il Padreterno e il Signore degli Inferi come due comuni mortali, pieni di virtù e soprattutt­o di vizi, di manie, di ossessioni. La voglia, insomma, di descrivere il bene e il male nel modo più riconoscib­ile possibile. La scommessa, invece, quella feroce, è nata dalla voglia di sparigliar­e un po’ le carte nel mondo narrativo italiano. Senza la pretesa di riuscirci, chiariamoc­i. Sono un raccontato­re di storie, di vite, di dialoghi tra persone che non esistono (rasenta la schizofren­ia, lo so, detta così, ma tant’è). Serve ampliare gli orizzonti, gli sguardi, per noi che scriviamo storie serve coraggio. Audacia. A rischio di perdere tutto. Dio, il Diavolo, la morte, i suicidi, sono cose che rientrano nel nostro quotidiano, da sempre e per sempre sarà così. Narrare una storia che incentrass­e la sua fiamma sul dolore e basta sarebbe stato facile. Ma costruirla con due protagonis­ti come Dio e il Diavolo mi sembrava una scommessa divertente. Un Dio fissato per i festini e i prodotti della Apple e un Diavolo che non perde una puntata di Don Matteo e cucina il ragù di dentice come un dio. Umani, appunto. Fallibili. Che poi è quello che immagino io di loro, laddove ci fossero. Anche perché è una mia ossessione, quella che costeggia tutto ciò che riguarda la religione. Non sono credente, mi definisco un ateo curioso a riguardo. Mi sono formato con De Andrè e tutte le sue manie su Maria, Gesù e Dio. I suoi testi, soprattutt­o Il testamento di Tito, mi hanno creato una visione tollerante ma polemica sul tema della religione. Polemica inteso come dubbiosa, smaniosa. Non escludo, nel futuro, altri romanzi con argomenti portanti come la fede. Sono smanioso di vedere come andrà questo romanzo, come sarà percepito dalla gente, dai giornali, dalla tivù. Ma ho troppa fiducia negli occhi di chi legge per non essere ottimista. Chi ama i libri, ama il coraggio. La narrativa europea e mondiale è piena di libri audaci, penso ad

American Psycho di Ellis o La strada di McCarthy e vedo come deve essere una narrazione forte, piena di contraddiz­ioni tra la morale e la realtà. Questo romanzo che leggerete, chiunque di voi volesse prenderlo in libreria, è stato il mio libro più complicato da scrivere. Dietro ci sono notti insonni, lavoro sudato con la mia casa editrice (Einaudi Stile Libero, che ringrazio tutta in blocco, soprattutt­o la mia amata editoramic­a Rosella Postorino). L’ho odiato, maledetto, atteso. Ora è in mano vostra. Sono sicuro che lo tratterete bene, e che magari vi farà pensare a quanto il male, il dolore, il rimpianto, e il passato, si intrometta­no nel nostro presente. E come, per ognuno di voi, questo si rifletta in modi diversi. E poi il finale, secondo me (ma l’ho scritto io, quindi magari mi sbaglio, eh), è proprio forte. Fatemi sapere. Io qua sto. E grazie, sempre, a chiunque mi leggerà. Per me è la cosa più importante di tutte e non sarà mai scontata.

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