Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Bentivogli: nel Meridione troppi «califfati peronisti»
Il segretario Flm Cisl auspica «un centrosinistra più democratico e progressista»
Le scorciatoie non vanno bene, neanche nell’analisi elettorale Non partecipo agli sfottò sul reddito di cittadinanza
Sono con quella parte del Meridione che invece del piagnisteo ha creato impresa sociale penso ad Nco
Abbiamo avuto leadership troppo attente alle élite e incapaci di federare i mondi vitali di cui è ricchissimo il Paese
Marco Bentivogli, classe ‘70, segretario generale dei metalmeccanici della Cisl, da tempo è una voce autorevole del mondo politico-sindacale. Per due ragioni, la prima perché ha il coraggio di fare scelte ostinate e contrarie a quelle di comodo, la seconda perché parla con cognizione di causa di questioni molto complesse, senza assumere facili pose mediatiche.
Lo raggiungo in corso Trieste a Roma, dove c’è la storica sede della Flm, la sigla che negli anni settanta rappresentava l’unità sindacale dei metalmeccanici. Mi accoglie al quinto piano, nel suo ufficio luminoso. Gli chiedo che giudizio dia del voto al Sud: «Le scorciatoie non vanno bene, neanche nell’analisi elettorale. — risponde Bentivogli —. I fattori sono sempre molteplici, non partecipo agli sfottò sulle richieste dei moduli per il reddito di cittadinanza, perché tale miraggio può essere solo uno dei fattori. Mi preoccupano di più le leadership che nascono al Sud anche di partiti di centro sinistra che ricordano più dei “califfati peronisti” che dei punti di riferimento democratici e progressisti».
Carlo Borgomeo ha detto che al Sud ha pesato maggiormente il sociale rispetto all’economico, secondo Bentivogli è questa la vera sfida del Sud?
«Sono con quella parte del Sud che invece del piagnisteo ha creato impresa, sociale (penso ad esempio all’Nco a Casal di Principe) e industriale rimboccandosi le maniche. Molti grandi gruppi industriali hanno accelerato il loro disimpegno, quelli che sono rimasti lo hanno fatto contro tutto e oggi sono le fabbriche più avanzate del mondo. Si può ritenere che una Jeep Renegade pensata in Italia e prodotta a Melfi debba arrivare a Napoli pertriplicato ché a Salerno il porto non è adeguato? Si può issare la bandiera della decarbonizzazione delle fabbriche siderurgiche, per cui serve tanto gas e bloccare la Tap? Si possono rallentare fino allo stop la realizzazione della Academy aziendali, fondamentali per radicare nel territorio le competenze?».
Concordo certamente, le risposte a queste domande sono politiche riformiste. Eppure a Pomigliano dove il riformismo sindacale ha vinto una battaglia di sviluppo e lavoro, i cinque stelle hanno gli avversari. Perché?
«Non confondiamo la domanda di rappresentanza sociale con quella politica.— risponde Bentivogli mentre beve il caffè — In Italia la prima è molto più meditata, la seconda è spesso uno sfogo. Non è la prima volta che i cittadini votano un partito e chiedono poi al sindacato di aggiustare i guasti generati dal partito che hanno votato. Anche a Taranto ha vinto M5S, che vuole chiudere l’Ilva, peccato che in tutti i referendum ha prevale il buon senso, e cioè la strada che sta percorrendo il sindacato, per renderla ecosostenibile e competitiva. Il fatto che a Scampia il M5S prenda il 61% e nei quartieri a più alta densità criminale di Palermo, deve far riflettere Luigi Di Maio; il M5S dovrà dare segnali di zero tolleranza verso l’illegalità».
Bentivogli prima delle elezioni ha scritto con Calenda un piano di sviluppo per il Paese, gli chiedo come si declina al Sud quel piano: «Solo il 7% delle imprese che hanno avuto accesso al piano Industry 4.0 sono del Sud – dice Bentivogli - Bisognerebbe allegare al piano il libro di successo del mio amico Antonio Menna, “se Steve Jobs fosse nato a Napoli” per capire che se troppo Stato si declina in più burocrazia e meno controlli reali e corruzione qualche ripensamento va fatto».
Ultima domanda, Bentivogli ha fretta di prendere un treno e un aereo per l’ennesimo incontro con i lavoratori in giro per l’Italia. Gli chiedo perciò, riconoscendogli pragmatismo, come si ricostruisce un’area riformista e popolare in Italia: «Abbiamo avuto leadership troppo attente alle élite e incapaci di federare i mondi vitali di cui è ricchissimo il Paese, mentre servono persone capaci di parlare alle élite e alle persone e consapevoli che la sinistra è dentro una crisi strutturale, che i successi populisti hanno solo accelerato. Riedizioni socialdemocratiche o socialiste non hanno nessuno spazio politico tranne che nei “collettivi Parioli”. Preferisco a pragmatico la parola concreto, dal latino concretus, nel senso di creare insieme nella realtà. Servono reti che si mettano insieme in un orizzonte reale, post-ideologico, capaci di progettare il futuro e serve coinvolgere persone dentro uno scambio contributivo sostenibile che trasmetta a tutti la speranza di una nuova e migliore condizione umana».
Lo saluto, e mentre salgo sull’80, rifletto sul fatto che senza uno «concreto» come Bentivogli non si ricostruisce la sinistra in questo Paese, ma sarà difficile strapparlo ai suoi metalmeccanici.