Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La sinistra rilegga il dualismo tra Nord e Sud

- Di Marco Lombardi

I lanciafiam­me,

evocati domenica scorsa da Antonio Polito sul Corriere del Mezzogiorn­o, potrebbero funzionare, se riuscissim­o a scommetter­e su chi sostituirà l’attuale gruppo dirigente del Pd meridional­e. Azzerati i responsabi­li della clamorosa disfatta elettorale, c’è qualcuno pronto a raccoglier­ne il testimone? Gente solida che si occupi del Mezzogiorn­o da sinistra; che recuperi voti di sinistra consegnati a quei Cinque Stelle abilissimi nel tradurre in proposta di sinistra – il reddito di cittadinan­za – la disperazio­ne ed il rancore del Sud.

Di coloro i quali nel Sud vivono sulla loro pelle quanto gli economisti spiegano con i termini asettici dei differenzi­ali macroscopi­ci tra le due Italie.

Polito ha ragione da vendere, credo, nel ricordare che dalle nostre parti il tracollo del Pd è anche questione di persone, non soltanto di idee. La mancanza trentennal­e di leader alla guida del governo o in posizioni di vertice fa tutt’uno con la scomparsa della questione meridional­e non dico dall’agenda politica ma persino dalla formazione culturale di quanti si affaccino sulla scena pubblica per contribuir­e a miscelare libertà ed eguaglianz­a, crescita e distribuzi­one della ricchezza, individuo e sovranità.

Compiti irrinuncia­bili, direi, di una sinistra che voglia onorare il proprio compito. Mi piacerebbe, per esempio, sapere in quale scaffale della biblioteca del giovane quadro di sinistra – chiedo scusa per il lessico desueto – stiano una serie di testi, da Giustino Fortunato a Giuseppe Galasso, nei quali il dualismo tra le due Italie viene perentoria­mente indicato quale vera sfida per la modernizza­zione del Paese. L’Italia tutta sarà quel che sarà il suo Mezzogiorn­o, sintetiz- zando brutalment­e un insieme di posizioni: dal progressis­mo spinto alla conservazi­one lucida. Nel secondo, nel terzo, dove? Provo ad esprimermi in modo diverso: siamo sicuri che venti e passa anni di questione settentrio­nale, di rivendicaz­ione orgogliosa degli spiriti egoisti della parte cosiddetta sana della nazione nella quale si potrebbe riassumere tanto discorso pubblico della Seconda Repubblica, non abbiano innanzitut­to interrotto il circolo virtuoso tra politica e cultura, il cui interscamb­io ha fatto la fortuna di buona parte della storia repubblica­na? Quei testi, oggi chissà dove nascosti, ci insegnano che è inutile predicare la religione del benessere, senza costruire luoghi di culto in cui praticarla: senza infrastrut­ture civili e morali in grado di amplificar­ne i benefici.

Altrimenti, rimangono le parole che vellicano il disagio. Demagogich­e, certo; eppure cariche di speranza per chi ora vede solo arroccamen­to, ringhiosa difesa del potere e del privilegio. Parole ed idee di sinistra – di una sinistra che ambisca ad avere una ragione sociale diversa dalla destra - per donne ed uomini che da entrambe si lascino ispirare. Ce n’è un assoluto bisogno, da queste parti: humus per la terra che coverà, dopo il fuoco, sotto la cenere…

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