Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La sinistra rilegga il dualismo tra Nord e Sud
I lanciafiamme,
evocati domenica scorsa da Antonio Polito sul Corriere del Mezzogiorno, potrebbero funzionare, se riuscissimo a scommettere su chi sostituirà l’attuale gruppo dirigente del Pd meridionale. Azzerati i responsabili della clamorosa disfatta elettorale, c’è qualcuno pronto a raccoglierne il testimone? Gente solida che si occupi del Mezzogiorno da sinistra; che recuperi voti di sinistra consegnati a quei Cinque Stelle abilissimi nel tradurre in proposta di sinistra – il reddito di cittadinanza – la disperazione ed il rancore del Sud.
Di coloro i quali nel Sud vivono sulla loro pelle quanto gli economisti spiegano con i termini asettici dei differenziali macroscopici tra le due Italie.
Polito ha ragione da vendere, credo, nel ricordare che dalle nostre parti il tracollo del Pd è anche questione di persone, non soltanto di idee. La mancanza trentennale di leader alla guida del governo o in posizioni di vertice fa tutt’uno con la scomparsa della questione meridionale non dico dall’agenda politica ma persino dalla formazione culturale di quanti si affaccino sulla scena pubblica per contribuire a miscelare libertà ed eguaglianza, crescita e distribuzione della ricchezza, individuo e sovranità.
Compiti irrinunciabili, direi, di una sinistra che voglia onorare il proprio compito. Mi piacerebbe, per esempio, sapere in quale scaffale della biblioteca del giovane quadro di sinistra – chiedo scusa per il lessico desueto – stiano una serie di testi, da Giustino Fortunato a Giuseppe Galasso, nei quali il dualismo tra le due Italie viene perentoriamente indicato quale vera sfida per la modernizzazione del Paese. L’Italia tutta sarà quel che sarà il suo Mezzogiorno, sintetiz- zando brutalmente un insieme di posizioni: dal progressismo spinto alla conservazione lucida. Nel secondo, nel terzo, dove? Provo ad esprimermi in modo diverso: siamo sicuri che venti e passa anni di questione settentrionale, di rivendicazione orgogliosa degli spiriti egoisti della parte cosiddetta sana della nazione nella quale si potrebbe riassumere tanto discorso pubblico della Seconda Repubblica, non abbiano innanzitutto interrotto il circolo virtuoso tra politica e cultura, il cui interscambio ha fatto la fortuna di buona parte della storia repubblicana? Quei testi, oggi chissà dove nascosti, ci insegnano che è inutile predicare la religione del benessere, senza costruire luoghi di culto in cui praticarla: senza infrastrutture civili e morali in grado di amplificarne i benefici.
Altrimenti, rimangono le parole che vellicano il disagio. Demagogiche, certo; eppure cariche di speranza per chi ora vede solo arroccamento, ringhiosa difesa del potere e del privilegio. Parole ed idee di sinistra – di una sinistra che ambisca ad avere una ragione sociale diversa dalla destra - per donne ed uomini che da entrambe si lascino ispirare. Ce n’è un assoluto bisogno, da queste parti: humus per la terra che coverà, dopo il fuoco, sotto la cenere…