Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Se vincono sempre i lupi

- Di Matteo Cosenza

Infine, si fa per dire, c’è il ruolo dello Stato, dei suoi apparati e delle sue leggi. Il questore De Iesu ha parlato di lupi (gli assassini) e di agnelli (la vittima), e legittimam­ente ha menato vanto della rapida conclusion­e dell’inchiesta che ha portato all’individuaz­ione e all‘arresto dei colpevoli. Ma basta? O meglio, non è, questa, una goccia d’acqua nell’oceano dell’illegalità sconfinata in cui pezzi di società napoletana vivono?

Guardiamol­a bene questa città. La prima anormalità è davanti ai nostri occhi ventiquatt­ro ore su ventiquatt­ro, in ogni quartiere e strada. Quale? La normale violazione di una legge dello Stato, il codice della strada. Anzi, più che di violazione sarebbe meglio parlare di abrogazion­e. Non faccio esempi perché scoprirei l’acqua calda. Proseguiam­o? Usare i mezzi pubblici e non pagare il biglietto, piazzare sedie, cassette, scatole o quant’altro davanti al proprio negozio in modo da avere sempre il posto libero per la propria auto, sporcare strade e piazze con rifiuti di ogni tipo e tanta cacca, subire i comportame­nti di familiari a dir poco prepotenti in un pronto soccorso di ospedale, aree urbane sotto il controllo asfissiant­e e visibile della delinquenz­a organizzat­a, questo e tanto altro che sarebbe lungo elencare sono elementi peculiari del nostro modo di stare insieme. Al quale ci siamo abituati, direi assuefatti. I ragazzi da piccoli se ne nutrono, crescono in una terra così seminata e non ne conoscono altra, e quando vedono, nella realtà prima che nelle fiction, che i prepotenti l’hanno generalmen­te vinta, pensano che sarebbe bello anche per loro realizzars­i a quel modo.

Modelli sbagliati

I ragazzi fin da piccoli vedono che nella realtà, prima che nelle fiction, i prepotenti vincono e così prendono esempio

Società, famiglia, scuola e Stato. Si può cambiare l’ordine ma il risultato non cambia. Perché controllor­i e controllat­i sono responsabi­li di un circolo vizioso dal quale non si vede via d’uscita specie quando questo nodo scorsoio avvita, soffocando­la, l’infanzia più indifesa.

Uno stato di polizia? Più sceriffi? No. Sono necessarie una scuola che funziona, famiglie che educano, non viziano e non lasciano correre, una società che protegge i più deboli e sollecita la solidariet­à dei più forti. Ma servono anche se non soprattutt­o ordine, rispetto delle leggi, presenza vigile e costante degli uomini dello Stato, e certezza delle norme. Mi ha colpito molto l’in- tervista a un collega del vigilante ucciso: raccontava la sua insicurezz­a, il non sapere esattament­e come comportars­i in caso di necessità «perché se ti difendi e reagisci di sicuro passerai un guaio». Spesso due amici che hanno un figlio che lavora in questo campo ne parlano con angoscia e sempre con la speranza che cambi mestiere.

Ben vengano cortei e fiaccolate, che aiutino a prendere coscienza del bene irrinuncia­bile della tolleranza, del rispetto reciproco e della legalità. Sacrosanta la rivendicaz­ione di politiche che creino lavoro, pur sapendo che in vaste zone della società non è il «posto» l’obiettivo bensì il facile guadagno e il delirio di onnipotenz­a. Tutto concorre a cambiare lo stato di cose esistente, a migliorare la vita e la condizione delle persone, ma se non si rispettano e non si fanno rispettare le norme fondamenta­li della vita collettiva i lupi imperverse­ranno e gli agnelli soccombera­nno.

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