Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Ha fatto a pezzi i corpi, lui non ha un’anima» In aula il 17enne che ha terrorizza­to il pm

Condannato per duplice omicidio. Sempre in silenzio, su un foglio scrive: ammetto tutto

- Fabio Postiglion­e

NAPOLI Ha gli occhi di ghiaccio, è imperturba­bile, muto. Non ha mai detto una sola parola, né si è mai giustifica­to delle atrocità commesse. A 16 anni ha deciso di impugnare un coltello e ha sgozzato due uomini in una casa in via Casacelle a Giugliano. Poi con calma li ha sfregiati fino a sezionarli in venti parti. Prima in due metà, poi la testa, le braccia, le mani, i piedi e le gambe. Nel pomeriggio ha ripulito tutto e ha dipinto la parete dell’appartamen­to degli orrori di vernice bianca, mentre a terra con degli stracci imbevuti di acido ha cancellato le tracce.

Eccolo il ritratto dell’orribile, quello raccontato in libri, nelle fiction, in Gomorra. La serie ma che di gran lunga supera la finzione cinematogr­afi- ca. A 16 anni lui (oggi ne ha 17) è come un «boss del terrore» e ieri davanti ai giudici del Tribunale dei minori che lo hanno condannato a 16 anni per duplice omicidio, non ha battuto ciglio. Ha consegnato un foglio di carta scritto a penna con sopra nome e cognome e la frase: «Ammetto gli addebiti». Una specie di confession­e ma nulla di più, né una parola o una lacrima per quello che aveva fatto quella mattina; nessun cedimento. Dopo aver tagliato a pezzi quei due uomini, il baby boss li ha rinchiusi in due sacchi della spazzatura e li ha seppelliti nelle campagne dove sono stati ritrovati il 16 febbraio del 2017.

«Leggevo e mi sembrava di assistere a un film dell’orrore, dove non solo si uccide, ma si infierisce immotivata­mente su quei corpi, come se chi commettess­e quel reato non avesse un’anima», ha detto il magistrato nel corso della sua re- quisitoria, quando ha chiesto la condanna per quel ragazzo a 24 anni. Non l’ha degnato di uno sguardo mentre ha ripercorso tutte le fasi dell’omicidio e dello smembramen­to dei cadaveri. Si è trovato di fronte un ragazzino esile, silenzioso, ma con lo sguardo fiero che ha solo risposto all’appello del giudice e non ha detto nessun altra parola. Dopo la pronuncia della sentenza si è alzato dallo scranno e si è fatto accompagna­re al carcere di Nisida, dove sconterà buona parte della sua pena. Il magistrato che ha studiato gli atti è approdato da poco ai Minori e mai poteva pensare di trovarsi di fronte ad un orrore del genere.

Quella mattina del 31 gennaio dell’anno scorso, quando vide suo zio impugnare i coltelli, si infiammò e iniziò ad ammazzare «come se fosse un raptus, come se la vita non a ve s s e s e n s o » , h a d e t to . I l «macellaio» del clan AmatoPagan­o aveva da pochi giorni compiuto 16 anni quando massacrò Luigi Ferrara e Luigi Rusciano, due boss del contrabban­do di sigarette di Afragola e legati al potente clan Moccia. Con il ragazzino c’era anche un maggiorenn­e, suo zio, Domenico D’Ando: sarà processato mercoledì.

Sicario

È stato il killer del clan AmatoPagan­o Massacrò due boss del contrabban­do

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