Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Capri vuole lo status di isola svantaggia­ta

Il sindaco raccoglie firme per un referendum: qui meno diritti che sulla terra ferma

- Di Claudia Catuogno

Capri, meta del jet-set internazio­nale e patria del lusso estivo è un’isola i cui residenti si sentono «gravemente svantaggia­ti» rispetto a coloro i quali vivono sulla terraferma. I servizi costano troppo e chi vive a Capri si lamenta. Ragion per cui il sindaco De Martino promuove un referendum costituzio­nale e raccoglie firme sull’isola per «provare a cambiare le cose».

CAPRI I residenti sull’isola più chic del mondo si sentono gravemente svantaggia­ti. Così svantaggia­ti da raccoglier­e firme per un referendum che modifichi l'articolo 119 della Costituzio­ne, inserendo la seguente dicitura: «Lo Stato riconosce il grave e permanente svantaggio naturale derivante dall’insularità e dispone le misure necessarie a garantire una effettiva parità e un reale godimento dei diritti individual­i e inalienabi­li».

Capito? Vivere nell’isola di Tiberio, meta del jet-set e patria del lusso costituisc­e motivo di «grave e permanente svantaggio». E già immaginiam­o come potrebbero reagire gli abitanti dei quartieri«favelas» nelle periferie napoletane. Ma siccome il lusso non cancella i problemi della quotidiani­tà è il sindaco Gianni De Martino a spiegare l’iniziativa.

«Capri — dice — è l’isola più bella del mondo ma i cittadini sono svantaggia­ti». Lo «scoglio» circondato dal mare blu sconta una singolare condizione appunto di isolamento. Così il sindaco in persona è sceso in campo con la raccolta di firme per salvaguard­are lo “status di isola” e riconoscer­e ai suoi concittadi­ni parità di diritti e servizi con quelli che vivono sulla terra ferma.

Gli isolani doc si dicono penalizzat­i, vittime di disservizi, sovrapprez­zi, limitazion­i. E lo conferma proprio il primo cittadino, che ha sposato l’idea dell’Ancim (Associazio­ne nazionale isole minori) e sostiene il referendum per modificare la Costituzio­ne e garantire uguali diritti anche ai cittadini delle isole minori.

La battaglia, partita dalla Sardegna, unisce Capri ed altre 35 isole minori italiane. E sono già tantissimi i residenti che si sono recati in comune a firmare per far si che lo «Stato riconosca il grave e permanente svantaggio naturale derivante dall’insularità» e disponga «misure necessarie a garantire una effettiva parità ed un reale godimento dei diritti individual­i e inalienabi­li».

“Chi vive sull’isola deve godere di uguali diritti – spiega il sindaco – ed i servizi garantiti debbono essere gli stessi di cui possono usufruire gli italiani che vivono in città. E mi riferisco alla possibilit­à di curarsi, di studiare, di non essere sfavoriti per le particolar­ità territoria­li».

Perché quello «status di isola» che oggi viene invocato da Capri e dall’Ancim racconta di una separazion­e sociale, oltre che fisica, che danneggia inevitabil­mente gli isolani ed anche i pendolari del mare, ovvero quelle centinaia di insegnanti, profession­isti, medici, operai ed impiegati che ogni giorno sbarcano sull’isola.

«Chi sceglie di lavorare su un’isola dovrebbe poter avere delle agevolazio­ni – continua De Martino – ma ciò non accade, anzi. Si pensi soltanto al costo del biglietto dell’aliscafo che si aggira sui 40 euro al giorno. Anche comprando un abbonament­o, una fetta dello stipendio va via per il viaggio e va ad aggiungers­i ai disagi che comporta raggiunger­e l’isola ogni giorno. E questo si traduce nella difficoltà di reperire personale per le scuole, per l’ospedale, per gli uffici pubblici che spesso rimangono chiusi quando siamo isolati. Cambiare l’articolo della Costituzio­ne significhe­rebbe poter lavorare su leggi e regolament­i che vadano ad incentivar­e con graduatori­e ad hoc o punteggi premio chi lavora a Capri o su un’altra isola minore italiana».

Stesso discorso vale per la sanità in un luogo in cui anche trovare un medico di famiglia diventa un’impresa. «Abbiamo combattuto per salvare l’ospedale Capilupi dal ridimensio­namento. È stato sottoscrit­to un protocollo d’intesa con la Regione Campania che stabilisce alcuni punti fermi a tutela degli isolani ma restano comunque annosi problemi per convincere medici ed infermieri ad assumere un incarico nell’unico presidio che abbiamo per curarci».

Non solo. Nella battaglia delle isole minori rientra anche una fiscalità di vantaggio, che potrebbe essere tradotta in una serie di contributi per il trasporto dei beni materiali. «Una bottiglia d’acqua deve poter essere venduta allo stesso prezzo dei supermerca­ti di Napoli – incalza ancora il sindaco — non un euro in più per sopperire agli ingenti costi di trasporto».

Sull’ipotesi di un Principato di Capri, vecchio cavallo di battaglia dell’ex sindaco Federico, però, De Martino chiarisce con ironia.

«Confido nell’annessione agli Stati Uniti — scherza — in mancanza ci accontenti­amo anche del Trentino Alto Adige. No, in realtà noi non vogliamo autogovern­arci ma sempliceme­nte che lo Stato ci garantisca parità di diritti». No al principato, si al comune unico, però. «Questa possibilit­à la vedo già più fattibile. I due comuni sono distanti per certi versi ma è chiaro che i problemi di uno sono gli stessi dell’altro. Fare fronte comune con un’unica voce non è una soluzione da scartare a priori».

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Gli isolani doc si dicono penalizzat­i, vittime di disservizi, sovrapprez­zi, limitazion­i. E lo conferma proprio il primo cittadino, che ha sposato l’idea dell’Ancim (Associazio­ne nazionale isole minori)
 ??  ?? Turismo d’élite Sopra: uno scorcio dei faraglioni, la piazzetta e il sindaco De Martino (Archivio Corsera)
Turismo d’élite Sopra: uno scorcio dei faraglioni, la piazzetta e il sindaco De Martino (Archivio Corsera)

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