Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«I divieti sono inutili I nostri genitori ci ascoltino e ci diano meno soldi»

- Anna Paola Merone

NAPOLI Lorenzo Casizzone è stato uno dei migliori amici di Nicola Marra. Ha 19 anni, e dopo la maturità classica all’Umberto si è iscritto alla facoltà di Ingegneria. Con altri due amici ha ricordato dall’altare della chiesa di Santa Caterina — durante le esequie del giovane morto a Positano, dopo una serata al Music on the rocks— che il tempo della spensierat­ezza è finito.

Adesso sappiamo che non siamo supereroi, hai detto ai ragazzi in chiesa.

«È stata una lezione durissima, il primo crudo confronto con la vita vera».

Cosa è successo quella notte? C’è qualcosa che non ti perdoni?

«Non c’è nulla che non mi perdoni. Nessuno ha niente da rimprovera­rsi. Nessuno avrebbe potuto aiutare Nico quella notte. Neanche le due ragazze che al Music erano arrivate con lui. Quando con la sorella abbiamo sbloccato il telefono abbiamo trovato le loro telefonate: in un’ora almeno venticinqu­e. Io ho visto Nico nel locale ma eravamo arrivati separatame­nte, eravamo ad altri tavoli. E lui poi era con una ragazza. Ripenso al suo gesto e ci rivedo tutto il suo essere teatrale. Mi sembra quasi di vederlo mentre si avvia da solo fuori».

I genitori dei tuoi coetanei, ma anche di ragazzi adolescent­i, si stanno riunendo in comitati, hanno gruppi Facebook anti eccessi e anti alcool. Servirà?

«Sinceramen­te non credo. Quando esco e mia madre mi dice ‘’mettiti il casco, vai piama no, non bere’’ non cambia nulla. Sono raccomanda­zioni che scivolano via. È l’idea di responsabi­lità che ci dobbiamo portare dentro che fa la differenza, legata certo all’educazione che ci viene data. Ma è un senso di responsabi­lità che viene fuori da solo, all’improvviso. E per tanti di noi sta emergendo dopo quello che è successo».

Ma qualcosa devono pur fare questi genitori.

«Come hanno scritto i genitori di Nico ‘’va spiegata ai nostri figli la bellezza della vita, senza trasmetter­e loro il peso delle nostre esistenze di adulti’’. Mettere limiti non serve. Se si impone ad un figlio di tornare all’una non è detto che non beva o non compia altri eccessi. Credo che non si debba giudicare, parlare. E non pensare che ci sono ragazzi diversi da altri. Facciamo tutti le stesse cose. Tutti bevono. Che ci ascoltino, allora, e capiscano che siamo uomini che vivono secondo una propria precisa volontà. Vogliano essere compresi, ma lasciati liberi».

I gestori dei locali sono responsabi­li?

«Francament­e sì. Mi hanno detto che al Music il giorno dopo la scomparsa di Nico c’è stata un’altra serata. E questo mi pare troppo. E poi ai tavoli si servono fiumi di alcol. Non ci sono consumazio­ni singole, ma bottiglie servite secondo quello che paghi. Mille euro per un gruppone di persone o per due persone equivalgon­o alle stesse bottiglie. Questa vergogna la vedo con chiarezza solo adesso».

Pensi che avete in tasca troppi soldi?

«Forse sì, soprattutt­o noi di Chiaia-Posillipo. E soprattutt­o non diamo valore ai soldi che abbiamo».

Pensate di vivere serate trasgressi­ve o pensate che siano divertimen­ti normali?

«Per noi non c’è trasgressi­one, ma un istinto che ci porta a trascorrer­e queste sere come fuori dal vivere. In una specie di sogno, dove esiste il divertimen­to »

Cosa fate da quando Nico non c’è più?

«Viviamo consci che la vita non è solo divertimen­to. Noi amici più stretti stiamo insieme, ci facciamo coraggio: niente locali e niente alcool. Oltre una birretta non ce la sentiamo proprio di spingerci. Senza ipocrisia, dico che ci capiterà di nuovo di andare in un locale e bere. Ma per ora no. Poi sto vicino alla famiglia di Nicola, a sua sorella Francesca. Capisco che per noi amici il momento più difficile, quello della presa di coscienza, c’è già stato. Per loro il peggio deve ancora venire.

” La reazione La sua morte è stata una lezione durissima, il primo crudo confronto con la vita vera Ora ci teniamo lontani dal divertimen­to e ci facciamo coraggio

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