Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Dopo la violenza Sophia ha smesso di usare il trucco e fare selfie

La ragazza oggi è in comunità

- Fa. Pos.

NAPOLI Le loro risate le sente tutti i giorni e adesso che ha saputo che nessuno di loro sarà mai punito per quello che hanno fatto si sente distrutta, ancora di più umiliata. «Almeno non ridete più», aveva scritto Sophia (il nome è di fantasia) su Facebook il giorno dopo nel quale si seppe che i suoi stupratori erano stati indagati per la violenza sessuale subita, e ancora oggi lo ripete come una cantilena. «Io non ci volevo andare, ma quando ho capito che non potevo più scappare chiusi gli occhi e dissi: fate presto, adesso», raccontò ai magistrati che la interrogar­ono tra le lacrime a fine luglio.

Sognava di sposarsi e avere tanti figli, di trovare l’amore della sua vita, un uomo che potesse rispettarl­a per il resto della sua esistenza. E nonostante una vita difficile, con un padre assente e una madre che non le riservava le attenzioni che lei voleva, provava a crescere in fretta. Ma dal quel maledetto giorno, a 16 anni, sente che la sua vita è finita. Chi l’ha vista dice che da tempo ha smesso di truccarsi, di curare i lunghi capelli bruni, non mette più lo smalto alle unghie e per lei che era un’amante dei selfie sono tutti segnali inequivoca­bili. Da alcuni mesi ha lasciato la sua casa perché la fragilità che ha mostrato dopo la violenza sessuale non è stata superata. Assistita prima da un pool di psicologi, è stata poi trasferita in una comunità protetta dove segue percorsi di riabilitaz­ione fisica e psicologic­a. Si è sentita minacciata tutti i giorni, l’hanno appellata in ogni modo e le hanno augurato la morte. Nonostante la bellezza mediterran­ea, i sorrisi che regalava a tutti, a 16 anni dice che la sua vita è finita, perché lei è morta dentro. Se i tre ragazzi che l’hanno violentata avranno probabilme­nte un futuro lontano dal carcere, a lei resta poco tra le mani, almeno per ora. Da quando è scoppiato il caso, da quando ha denunciato i suoi aguzzini non ha avuto la forza neanche di tornare tra i banchi di scuola dove si è sentita giudicata da tutti. Ha dovuto chiudere per un po’ di tempo il suo profilo Facebook, perché era stata minacciata, oltraggiat­a e offesa dagli amici dei suoi stupratori, ma soprattutt­o perché quei ragazzi si prendevano gioco di lei con frasi ad effetto che non lasciavano spazio ad interpreta­zioni.

Uno di loro aveva stappato a Marechiaro una bottiglia di prosecco la sera dello stupro. «Credevano fosse un gioco, ma per me non era così. Io non volevo che mi toccassero, che mi spogliasse­ro e poi quando mi sono voltata e accorta che il ragazzo che amavo era andato via, ho capito che per me non c’era più speranza. Bloccata dal terrore li ho guardati e ho detto: adesso fate presto e lasciatemi andare via», aveva detto senza più la paura che le opprimeva il cuore e l’anima. Poi non ha retto all’impatto emotivo di quanto le era accaduto, ma soprattutt­o non credeva che avrebbe avuto contro così tante persone; alla fine la ragazza coraggiosa è diventata tanto fragile da spezzarsi sotto il peso dell’umiliazion­e.

Dramma

Capito che non poteva più scappare, chiuse gli occhi e ai suoi aguzzini disse: «Fate presto»

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