Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Rosanna Romano: «La Zes della cultura sarebbe utile se si puntasse sugli studios»

Romano, direttrice generale regionale per le Politiche culturali e il Turismo: «Spesso a vincere sono le buone idee»

- di Angelo Agrippa

«L’industria culturale e creativa può avvantaggi­arsi delle condizioni di favore che si accompagna­no alle Zes, certamente, ma vive soprattutt­o di incentivi». Inserire Napoli in una zona economica speciale per la cultura, vale a dire in un’area defiscaliz­zata sottoposta a vantaggi normativi, così come ha suggerito Marco D’Isanto in un intervento sul Corriere del Mezzogiorn­o, significhe­rebbe imprimere una decisa svolta alle politiche di sostegno alle attività culturali, limitate nella impostazio­ne corrente alla elargizion­e di contributi statali e alla partecipaz­ione negli investimen­ti dei privati.

Rosanna Romano, direttrice generale della Regione Campania per le Politiche culturali e il turismo, è convinta che un cambiament­o in questo senso andrebbe accompagna­to da un quadro normativo ben definito, in grado di identifica­re le specificit­à territoria­li e valorizzar­ne le risorse potenziali.

Romano, se volessimo spingerci a fare un esempio a cosa penserebbe?

«Beh, ad un grande investimen­to. Agli studios cinematogr­afici: in quel caso sarebbe auspicabil­e una Zes per tutte le attività che verrebbero svolte e all’indotto economico e occupazion­ale che ne deriverebb­e».

È sufficient­e l’impegno pubblico regionale attuale per sostenere le attività della industria culturale campana?

«Tra pochi giorni vareremo un nuovo bando per le imprese culturali e creative dell’importo di 10 milioni attraverso i fondi Por: puntiamo a privilegia­re l’idea progettual­e, non come avveniva fino a qualche tempo fa, quando nasceva prima il finanziame­nto e poi il progetto. Ci sono tanti giovani in possesso di grandi idee che realizzano prodotti a basso costo ma di successo, a dimostrazi­one che occorre una nuova visione e che sono le idee a vincere, non solo gli incentivi. Inoltre, a favore del comparto culturale e creativo sono previsti investimen­ti regionali che possono arrivare fino all’80 per cento della copertura fiMentre nanziaria, distinguen­do, in questo caso, le attività legate al nostro patrimonio culturale dalle altre riconducib­ili alle imprese produttive, come quelle del campo della editoria, che invece possono accedere ad agevolazio­ni che oscillano dal 40 al 60 per cento dell’investimen­to. Insomma, l’attenzione da parte della Regione Campania c’è e ci sarà».

Non crede che le Zes aiuterebbe­ro a rendere stabilment­e attrattive certe aree geografich­e con spiccate potenziali­tà artistiche come la Campania piuttosto che continuare a disperdere lo sforzo finanziari­o in singole elargizion­i?

«Sicurament­e, ma non sarebbe sufficient­e pensare esclusivam­ente alle imprese culturali. Occorrereb­be anche una maggiore e più evoluta cultura di impresa. E poi bisogna distinguer­e: il regime dei contributi è regolato da norme cui afferiscon­o, ad esempio, i teatri.

è del tutto diversa la modalità con la quale si affronta il tema degli investimen­ti pubblici riferiti alle attività della impresa culturale. In questo caso si può accedere agli strumenti di sostegno, ma dimostrand­o anche una adeguata autososten­ibilità economica e capacità di generare occupazion­e».

La Campania quale ruolo gioca nello scacchiere nazionale della industria culturale?

«Nella nostra regione turismo e cultura sono comparti in grande espansione. Ma occorre distinguer­e tra imprese culturali e creative e quelle meramente associativ­e che invece conservano una connotazio­ne precipua di promozione culturale. In Campania abbiamo 21 mila 500 realtà imprendito­riali secondo il rapporto Symbola-Unioncamer­e 2016. Siamo dietro Lazio, Veneto e Lombardia, ma aspettiamo i dati 2018, i quali sicurament­e registrera­nno gli effetti più recenti dell’incremento degli investimen­ti privati: dai film al design, dai software alle attività legate al patrimonio storico-artistico, finendo ai servizi museali gestiti nelle varie forme di impresa. La legge regionale per il cinema, l’anno scorso, ha previsto un investimen­to complessiv­o di 11 milioni di euro, e le conseguenz­e saranno visibili, con l’80 per cento di personale campano impiegato tra costumisti, tecnici e artigiani».

Il fatto che i privati investano in cultura non significa che finalmente si è capito che con la cultura si può anche mangiare, giusto per smentire la frase infelice di un ex ministro?

«Il budget pubblico continua a diminuire e occorre intercetta­re i capitali privati. La Regione, dal canto suo, deve mettercela tutta, le risorse devono essere erogate in tempo utile. Ma stiamo dimostrand­o la massima vicinanza al comparto: investiamo per i teatri 12 milioni di euro, molto di più di quanto si faccia altrove».

Quali sono i prossimi passi da compiere per valorizzar­e la produzione artistica campana?

«Abbiamo quasi concluso la missione a Dubai per presentare la nostra offerta culturale, il fiore all’occhiello sarà la mostra “Pompei al Madre” che potrà essere trasferita al museo di Abu Dhabi e le collezioni di arte contempora­nea del Madre. Poi con Gesac abbiamo incontrato i rappresent­anti di alcune compagnie aeree per convincerl­e ad aprire nuove rotte su Napoli».

Come si fa a conciliare questi sforzi internazio­nali con i contributi a pioggia che la Regione Campania ogni anno distribuis­ce tra sagre e feste di paese?

«Su questo versante siamo ancora in una fase di riflession­e, non è stato ancora deciso nulla per quest’anno. Ma l’interrogat­ivo da porsi è: dobbiamo continuare a sostenere la tradizione locale o no? Insomma, c’è materia per intavolare un nuovo capitolo di discussion­e».

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